8 luglio 2009

'O picciotto


Mafia, politica e affari: sette domande al Cavaliere
di Carlo Cosmelli

Al Primo Ministro della Repubblica Italiana sono state rivolte dieci domande circa le sue relazioni con una ragazza minorenne invitata più volte anche a cene ufficiali. Fino ad ora si è rifiutato di rispondere. Si potrebbe fare uno sconto al Signor Silvio Berlusconi, chiedendogli di rispondere a sette domande.

Signor Berlusconi, potrebbe rispondere pubblicamente a queste domande?

Premessa
La Banca Rasini di Milano, di proprietà negli anni ’70 di Carlo Rasini, è stata indicata da Sindona e in molti documenti ufficiali di magistrati che hanno indagato sulla mafia, come la principale banca utilizzata dalla mafia per il riciclo del denaro sporco nel Nord - Italia. Di questa Banca sono stati clienti Pippo Calò, Totò Riina e Bernardo Provenzano, negli anni in cui formavano la cupola della mafia. In quegli stessi anni il Sig. Luigi Berlusconi lavorava presso la Banca, prima come impiegato, poi come Procuratore con diritto di firma e infine come Direttore.

1) Nel 1970, il procuratore della banca Luigi Berlusconi ratifica un'operazione molto particolare: la banca Rasini acquisisce una quota della Brittener Anstalt, una società di Nassau legata alla Cisalpina Overseas Nassau Bank, nel cui consiglio d'amministrazione figurano Roberto Calvi, Licio Gelli, Michele Sindona e monsignor Paul Marcinkus. Questo Luigi Berlusconi, procuratore con diritto di firma della banca Rasini, era suo padre?

2) Sempre intorno agli anni ’70 il Sig. Silvio Berlusconi ha registrato presso la banca Rasini ventitré holding come “negozi di parrucchiere ed estetista”, è lei questo Signor Silvio Berlusconi?

3) Lei ha registrato presso la banca Rasini, ventitré “Holding Italiane” che hanno detenuto per molto tempo il capitale della Fininvest, ed altre 15 Holding, incaricate di operazioni su mercati esteri. Le ventitré holding di parrucchiere, che non furono trovate ad una prima indagine della guardia di finanza, e le ventitré Holding italiane, sono la stessa cosa?

4) Nel 1979 il finanziere Massimo Maria Berruti che dirigeva e poi archiviò l’indagine della Guardia di Finanza sulle ventitré holding della Banca Rasini, si dimise dalla Guardia di Finanza. Questo signor Massimo Maria Berruti è lo stesso che fu assunto dalla Fininvest subito dopo le dimissioni dalla Guardia di Finanza, fu poi condannato per corruzione, eletto in seguito parlamentare nelle file di Forza Italia, e incaricato dei rapporti delle quattro società Fininvest con l’avvocato londinese David Mills, appena condannato in Italia su segnalazione della magistratura inglese?

5) Nel 1973 il tutore dell’allora minorenne ereditiera Anna Maria Casati Stampa si occupò della vendita al Sig. Silvio Berlusconi della tenuta della famiglia Casati ad Arcore. La tenuta dei Casati consisteva in una tenuta di un milione di metri quadrati, un edificio settecentesco con annesso parco, villa San Martino, di circa 3’500 metri quadri, 147 stanze, una pinacoteca con opere del Quattrocento e Cinquecento, una biblioteca con circa 3000 volumi antichi, un parco immenso, scuderie e piscine. Un valore inestimabile che fu venduto per la cifra di 500 milioni di lire (250'000 euro) in titoli azionari di società all'epoca non quotate in borsa, che furono da lei riacquistati pochi anni dopo per 250 milioni.(125'000 euro). Il tutore della Casati Stampa era un avvocato di nome Cesare Previti. Questo avvocato è lo stesso che poi è diventato suo avvocato della Fininvest, senatore di Forza Italia, Ministro della Difesa, condannato per corruzione ai giudici, interdetto dai diritti civili e dai pubblici uffici, e che lei continua a frequentare?

6) A Milano, in via Sant’Orsola 3, nacque nel 1978 una società denominata Par.Ma.Fid. La Par.Ma.Fid. è la medesima società fiduciaria che ha gestito tutti i beni di Antonio Virgilio, finanziere di Cosa Nostra e riciclatore di capitali per conto dei clan di Giuseppe e Alfredo Bono, Salvatore Enea, Gaetano Fidanzati, Gaetano Carollo, Carmelo Gaeta e altri boss – di area corleonese e non – operanti a Milano nel traffico di stupefacenti a livello mondiale e nei sequestri di persona. Signor Berlusconi, importanti quote di diverse delle suddette ventitré Holding verranno da lei intestate proprio alla Par. Ma.Fid. Per conto di chi la Par.Ma.Fid. ha gestito questa grande fetta del Gruppo Fininvest e perché lei decise di affidare proprio a questa società una parte così notevole dei suoi beni?

7) Signor Berlusconi da dove sono venuti gli immensi capitali che hanno dato inizio, all’età di ventisette anni, alla sua scalata al mondo finanziario italiano?

Vede, Signor Berlusconi, tutti gli eventuali reati cui si riferiscono le domande di cui sopra sono oramai prescritti. Ma il problema è che i favori ricevuti dalla mafia non cadono mai in prescrizione, i cittadini italiani, europei, i primi ministri dei paesi con cui lei vuole incontrarsi, hanno il diritto di sapere se lei sia ricattabile o se sia una persona libera.

P.S. Dato che lei è già stato condannato in via definitiva per dichiarazioni false rese ad un giudice in un tribunale, dovrebbe farci la cortesia di fornire anche le prove di quello che dice, le sole risposte non essendo ovviamente sufficienti.

Vade retro!


Il Guardian: «L'Italia potrebbe essere espulsa dal G8»
«I preparativi per il summit del g8 nella città montana de l'Aquila sono stati così caotici che sta crescendo la pressione degli altri stati membri per far sì che l'italia venga espulsa dal gruppo». Lo scrive il quotidiano britannico Guardian, citando funzionari dei paesi occidentali.

Il giornale sottolinea che nelle ultime settimane gli Stati Uniti hanno preso il controllo dei preparativi, organizzando conference call tra i funzionari (le cosiddette 'sherpa calls') nel disperato tentativo di dare un obiettivo al meeting, che non ha iniziative sostanziali in agenda.

«Che un altro paese organizzi le sherpa calls è semplicemente senza precedenti - scrive il Guardian citando un funzionario di un paese del g8 - gli italiani sono stati semplicemente disastrosi. Non ci sono stati preparativi. Il g8 è un club, e i club impongono obblighi ai propri membri. L'italia non li ha rispettati».

Secondo il quotidiano le voci sono così arrivate a suggerire che l'italia possa essere espulsa dal G8 e da ogni altro gruppo analogo e che il suo posto possa essere preso dalla Spagna (che ha un prodotto nazionale pro capite più alto e destina ad aiuti un percentuale maggiore del pil). «I preparativi italiani per il summit sono stati caotici dall'inizio alla fine - rincara la dose richard gowan, analista del centro di cooperazione internazionale dell'università di New York - gli italiani hanno cominciato a dire già da gennaio che non avevano una visione del summit e che erano pronti a prendere istruzioni dagli americani, nel caso in cui l'amministrazione obama avesse avuto qualche idea». I critici, aggiunge il Guardian, sottolineano che il governo Berlusconi ha cercato di compensare la mancanza di sostanza allargando la lista degli invitati, che prevede tra 39 e 44 capi di stato presenti a l'Aquila.

«Gli italiani non hanno idee - aggiunge Gowan - e hanno deciso che la cosa migliore da fare è spalmare l'agenda in modo così sottile da nascondere il fatto che in realtà non hanno un'agenda». Tra le critiche al presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, il guardian cita quella di aver concesso soltanto il 3% degli aiuti allo sviluppo promessi quattro anni fa e di aver programmato un taglio di oltre il 50% del budget italiano per gli aiuti esteri.

6 luglio 2009

La terra trema ancora


Lo scossone del G8
Ora, ma dico io, ma tutto si può capire. Che fosse giusto spostare all'Aquila il G8 perché si puntano i riflettori su una città bellissima da ricostruire. Che fosse giusto fare un G8 in piena crisi che non fosse sfarzoso ed eccessivo, e la caserma va benissimo. Che fosse giusto usare L'Aquila per evitare scontri e zone rosse, perché si spera che i provocatori di professione, quelli che movimentano i G8 con vetrine infrante e disordini vari, abbiano rispetto per un luogo e per molta gente che ha già avuto disagi seri e tragedie personali.Ma si può davvero, tra persone serie, decidere di portare un summit di quella portata in un posto dove ieri c'è stata una scossa di magnitudo 4.1? Roba da far saltare dal letto Obama, e tutti i capi di stato, e tutti i segretari e tutti gli sherpa? Roba da generare il panico veramente? E pensare che anche l'opposizione era d'accordo quando Berlusconi fece la proposta. E sono di quegli abbagli che accadono, per carità, ma abbagli rimangono.

È mai possibile che per un summit serio si possa scegliere un luogo dove a un certo punto ti si rovescia l'acqua sul vestito e cominciano a piegarsi le pareti e rischi che ti cade in testa un lampadario?

L'epicentro di ieri era a un chilometro, dicasi un chilometro, dalla caserma di Coppito. Un chilometro è come starci sopra. È accaduto ieri, certo, poteva accadere mercoledì, potrebbe accadere giovedì prossimo o sabato. E non si sa neppure come. Abbiamo passato un mese ad ascoltare tutti i più grandi esperti di geofisica che spiegavano: i terremoti non si possono prevedere. Abbiamo imparato, noi ignari, il termine "sciame sismico". Lo sciame continua, la gente si spaventa e va in strada, e un 4,1 di scala Richter è una cosa da far impallidire chiunque, anche un presidente degli Stati Uniti. Abbiamo lavorato sulla sicurezza e sicuramente in quei giorni L'Aquila sarà blindata, e tutto funzionerà a dovere, compresi gli aerei spia Predator, che sono telecomandati. Peccato che dal centro della terra non arrivano buone notizie, a quanto pare.

Certo, la caserma sarà totalmente antisismica, ma non è piacevole lo stesso. Poi che facciamo dopo, ci scherziamo su? Facciamo una battutona, genere: abbiamo dato uno scossone al G8? Ma per favore...

5 luglio 2009

"Va trattato. Non sta bene..."


Berlusconi e il disturbo vincente.
Intervista allo psichiatra Luigi Cancrini

di Stefano Corradino

“La democrazia - affermava Winston Churchill - funziona quando a decidere sono in due e uno è malato". Il problema è che in Italia chi governa è malato ma decide da solo... L’esistenza di una vera e propria patologia la rileva ad Articolo21 Luigi Cancrini, celebre psichiatra e fondatore negli anni Settanta di una fra le più importanti scuole di psicoterapia del nostro Paese parla del nostro premier anche all’indomani delle sue dichiarazioni sulla tragedia di Viareggio. Per Cancrini “Silvio Berlusconi è un personaggio dall’egocentrismo smisurato. Finché ciò lo ha riguardato come imprenditore è andata bene. Il problema nasce con l'acquisizione del potere politico. E quando un normale narcisismo viene fortemente alimentato e si coniuga con il troppo potere il risultato è una patologia, un vero e proprio disturbo della personalità. Conosco questo tipo di patologie, ho dedicato un capitolo di un mio libro a Hitler e Stalin...”
"Adesso vado a Viareggio e prendo in mano io la situazione". Questo ha detto Berlusconi commentando la tragedia del treno esploso. Sempre lui. "Io" al centro di tutto... Lui ha un’immagine di sé grandiosa, direi inutilmente e dannosamente grandiosa come succede spesso a chi, intorno, ha persone che gli dicono solo "sì"...

Intende dire che il consenso popolare amplifica l'autostima?
Non solo. E' un meccanismo interessante da studiare e che hanno vissuto i dittatori storici. Una studiosa americana ha scritto una biografia interessante su Beria (capo della polizia segreta sotto Stalin, ndr) in cui lei dimostrava bene come lui avesse acquisito un potere straordinario su Stalin proprio perché alimentava continuamente la sua paranoia.
Intorno ad una persona che si crede sempre più grande ed importante di quello che è, c'è sempre qualcuno che lo alimenta E' così che la persona perde il contatto con la realtà. Un contatto che normalmente è assicurato dal fatto che riceviamo un flusso di informazioni positive o negative su di noi e, continuamente, correggiamo il tiro. Nel caso di Berlusconi piuttosto che modificare il proprio percorso lui si vuole circondare solo di persone che lo esaltano e ogni critica viene da lui trasformata in attacco o complotto.

Lei è uno psichiatria di fama. C'è un modo per definire questo comportamento da un punto di vista "clinico"?
Sì, è disturbo della personalità. Silvio Berlusconi è un uomo dall'egocentrismo smisurato. Finché ciò lo ha riguardato come imprenditore è andata bene. Il problema nasce con l'acquisizione del potere politico. E qui, il troppo potere e un narcisismo normale fortemente alimentato si trasformano in un fattore patologico, un vero e proprio disturbo narcisistico della personalità".
Se è un disturbo andrebbe curatoNon si farà mai curare

Non sono un esperto di psichiatria ma mi domando: un disturbo patologico come quello da lei tracciato, oltre al rischio di essere autolesivo può produrre anche danni anche alla collettività?
Tempo fa ho scritto un libro "Oceano borderline" nel quale studiavo molti disturbi della personalità. E ho dedicato un capitolo ai "disturbi vincenti" la cui patologia si esprime in un successo spropositato. Ho studiato le biografie di Hitler e Stalin che hanno curiosamente in comune un'infanzia con un padre alcoolista, violenze e maltrattamenti e che poi si riscattano in un grande delirio. Disturbi vincenti sono anche quelli dei capi mafia, persone molto intelligenti che ritengono di stare svolgendo un compito importante. Il Padrino ad esempio. Forse Berlusconi, per fortuna, non ha ancora questi tratti così "grandiosi" ma il rischio della progressiva perdita del contatto con la realtà può essere fortemente dannoso per gli altri.
Pericoloso anche per se stesso immagino…Non necessariamente. Se pensiamo alla questione delle feste e delle squillo lui è rimasto assolutamente imperturbabile alle critiche. Proprio perchè lui è convinto di poter fare qualsiasi cosa in modo indisturbato e le persone che ha intorno lo assecondano.

Questa patologia del premier a suo avviso si può aggravare?
Sicuramente. E la condizione indispensabile perché un disturbo della personalità non si espanda è legata inevitabilmente alla presenza dei contrappesi rappresentati dalla magistratura (la legalità) e dalla informazione (libertà di stampa). Studiando Hitler ad esempio è facile ricordare che la sua prima azione fu contro i magistrati. La stessa cosa vale per Mussolini. L'equilibrio dei poteri è in questo contesto indispensabile. Se una democrazia è sufficientemente forte questo disegno non riesce e a un certo punto la persona cade. Se invece cadono i contrappesi si va verso un disastro. La dittatura. Con le folle a seguire il personaggio carismatico di turno. Quindi la difesa della normalità di Berlusconi sta nella tenuta della democrazia.

In questo contesto che ruolo ha la tv?
Il possesso di un impero televisivo amplifica il potere e il rischio di condizionamento dell'opinione pubblicaOvviamente sì, ma la tv essendo un mezzo così diffuso e capillare contiene in qualche modo, al suo interno, anche gli "antivirus".

Lei lo sa, che dopo questa intervista, oltre ai magistrati e ai giornalisti anche gli psichiatri potrebbero essere apostrofati come comunisti?
Confermerebbe le mie tesi, e darebbe più credibilità alla categoria

26 giugno 2009

Il Cavaliere nel suo labirinto


Le dieci nuove domande a Berlusconi

Le mancate risposte di Silvio Berlusconi: dalle veline a Noemi Letizia, fino alle accuse di Patrizia D'Addario
di GIUSEPPE D'AVANZO

La sera del 26 aprile Silvio Berlusconi festeggiava Noemi a Casoria. È giunto il tempo, due mesi dopo, di tirare le somme. Bisogna annotare con cura le bugie ascoltate; interrogarsi sulle ragioni dei troppi silenzi; afferrare il filo rosso che da una storia (le «veline») ci ha condotto in un’altra (Noemi) e in un’altra ancora (le prostitute a Palazzo Grazioli) fino alla soglia di una quarta (le feste del presidente).

Giorno dopo giorno, si è definita sempre meglio la «licenziosità» del capo del governo, «la scelta sciagurata degli amici di bisboccia, la sciatteria in certe relazioni e soprattutto la caratterizzazione ostentatoria di tutti i suoi comportamenti privati» (Giuliano Ferrara, Panorama, 26 giugno). Quel filo si riannoda intorno a un «grandioso sé», lascia nudo un potere e un abuso di potere che si immagina senza contrappesi e irresponsabile.

Da due mesi, Berlusconi parla senza dire. Ci scherza su alquanto imbarazzato e come ossessivo, ma tace l’essenziale. Il tempo non è passato invano, però. Le dieci domande che Repubblica ha ritenuto di rivolgergli il 14 maggio hanno trovato più di una risposta, nonostante il loquace mutismo del presidente del consiglio. A volte, anche i silenzi sanno parlare. C’è oggi materia viva per eliminare qualche interrogativo e proporne altri, nuovi e dunque necessari e urgenti.

«Chi è incaricato di una funzione pubblica deve chiarire», dice Silvio Berlusconi (Porta a Porta, 5 maggio). All’alba di questa storia, il premier sembra sapere che il significato etico e politico di accountability presuppone trasparenza; impegno a dichiararsi; rendiconto di quel che si è fatto e si fa; assunzione di responsabilità; censurabilità delle condotte riprovevoli – anche private – perché è chiaro a tutti che non ci può essere una radicale contrapposizione «tra il modo in cui un uomo di potere tratta coloro che gli sono vicini (la sua morale) e il modo in cui governa i cittadini e risponde a loro (la sua politica)»(Carlo Galli, Repubblica, 22 giugno).

Berlusconi, in apparenza, è animato da buone intenzioni, dunque. Deve, presto e in fretta, liberarsi di tre grattacapi che gli vengono dalla famiglia (con le accuse di Veronica Lario), dalla sua area politica (con i rilievi critici di farefuturo). Gli rimproverano di voler candidare alle elezioni per il parlamento di Strasburgo “veline”, giovani o giovanissime donne che egli ha già promosso nello spettacolo e gli tengono compagnia con assiduità nel tempo libero, a Villa Certosa, a Palazzo Grazioli. Gli si contesta la frequentazione di minorenni e un’ossessione per il sesso che pregiudica il suo equilibrio (Veronica Lario, Repubblica, 3 maggio). Gli si chiede dei rapporti con la minorenne di Napoli di cui ha voluto festeggiare il 18° anno (Repubblica, 28 aprile).

Berlusconi è tentato dal rovesciare il tavolo, come gli è abituale. Parla di “complotto”. Di fronte all’evidenza che il fuoco è “amico”, lascia perdere e appronta una difesa che vuole essere conclusiva. Concede due interviste ufficiali (Corriere, Stampa, 4 maggio, 4 maggio). Chiacchiera ufficiosamente e in libertà (ancora Corriere e Stampa, nei giorni successivi al 4 maggio). Si confessa alla tv pubblica francese durante il tg delle 20 (France 2, 6 maggio). Rifiuta – è vero – un’intervista a Repubblica (13 maggio), ma promette di «spiegare tutto» (Cnn International, 25 maggio).

Berlusconi è categorico, quasi minuzioso nella ricostruzione delle sue mosse. «Non avevamo messo in lista nessuna velina» (Corriere, 4 maggio). «Io frequenterei delle diciassettenni? E’ una cosa che non posso sopportare. Io sono amico del padre [di Noemi], punto e basta. Lo giuro!» (Stampa, 4 maggio). «Sono andato a Napoli per discutere di candidature con il padre di Noemi» (Porta a Porta, 5 maggio), con cui «ho un’antica amicizia di natura politica», peraltro «Noemi, la figlia dei miei amici, l’ho vista tre, quattro volte, sempre accompagnata dai genitori» (France 2, 6 maggio).

Le affermazioni del capo del governo non reggono alla verifica dei fatti.

Repubblica scopre (21 maggio) che il 19 novembre 2008, a Villa Madama, la minorenne Noemi siede al tavolo presidenziale, in occasione della cena offerta dal governo alle griffe del made in Italy, raccolte nella Fondazione Altagamma. La ragazza è sola, non accompagnata da alcun familiare, accanto al presidente del consiglio e a Leonardo Ferragamo, Santo Versace, Paolo Zegna, Laudomia Pucci. Sola e minorenne – e non accompagnata dai suoi genitori ma da un’amica minorenne (Roberta O.) – Noemi è anche a Villa Certosa, a ridosso del Capodanno, tra il 26/27 dicembre 2008 e il 4/5 gennaio 2009. Lo rivela a Repubblica (24 maggio) Gino Flaminio, un operaio di 22 anni legato sentimentalmente a Noemi dal 28 agosto 2007 al 10 gennaio 2009.

Gino, in contrasto con le dichiarazioni del Cavaliere, svela anche quando Berlusconi si mette in contatto con la minorenne Noemi. Che sia la prima volta glielo racconta lei stessa. Accade nell’autunno del 2008 (ultimi giorni di ottobre, primi di novembre). Soltanto otto mesi fa. Berlusconi telefona direttamente alla ragazza alle prese con i compiti di scuola. Nessuna segreteria. Nessun centralino. Nessun legame con la famiglia della ragazza. Berlusconi (che ha davanti una collezione di foto di Noemi) le dice parole di ammirazione per la sua «purezza», per il suo «volto angelico». Dopo quel primo contatto, ne seguono altri (Gino ascolta la voce del premier in tre o quattro telefonate) fino all’invito a trascorrere dieci giorni – senza i genitori – a Punta Lada.

Le rivelazioni raccolte da Repubblica costringono il premier a correggere precipitosamente il tiro. Non può negare la presenza di Noemi a Villa Madama. Ammette che la minorenne, anzi le due minorenni hanno festeggiato il Capodanno con lui, non accompagnate dai familiari. Non può confessare però che – uomo di 73 anni, con impegnative responsabilità pubbliche – trascorre il pomeriggio a telefonare a minorenni che conosce soltanto attraverso book fotografici fornitigli dagli uomini di Mediaset (nel caso di Noemi è Emilio Fede, dice Flaminio). Appresta allora una nuova favoletta per spiegare come, quando e perché ha conosciuto il padre di Noemi, Elio Letizia, e cancellare l’imbarazzante ma decisivo ricordo di Gino.

E’ la quarta versione che, nel corso del tempo, ci viene proposta. Ricordiamo le precedenti.

1. «Era l’autista di Bettino Craxi» (Ansa, 29 aprile, l’agenzia di stampa rimuoverà poi la pagina dall’archivio in rete);

2. «Elio è un mio amico da tanti anni, con lui ho discusso delle candidature europee« (Porta a Porta, 5 maggio);

3. «Conosco i genitori, punto e basta» (France 2, 6 maggio).

Anche la quarta ricostruzione di quell’amicizia viene cucinata in malo modo.

Berlusconi scarica su Elio Letizia l’onere del racconto. Elio Letizia liquida per intero lo sfondo politico dell’amicizia. Non azzarda a dire che è stato un militante socialista né conferma di aver discusso con il presidente del consiglio chi dovesse essere eletto a Strasburgo. Dice Letizia che la «vera conoscenza [con Silvio] ci fu nel 2001». Elio sa – racconta – che a Berlusconi piacciono «libri e cartoline antiche» e nelle sale dell’hotel Vesuvio di Napoli (maggio 2001) gli propone di regalargliene qualche esemplare. Nasce così un legame che diventa un’affettuosa amicizia quando Anna e Elio Letizia sono colpiti dalla sventura di perdere il figlio Yuri in un incidente stradale. Berlusconi si fa vivo con una «lettera accorata e toccante». Letizia decide di presentare la sua famiglia al presidente del consiglio nel «dicembre del 2001»: «A metà dicembre io e mia moglie andammo a Roma per acquisti e, passando per il centro storico, pensai che fosse la volta buona per presentare a Berlusconi mia moglie e mia figlia» (il Mattino, 25 maggio). Dunque: il capo del governo «per la prima volta vide Anna e Noemi» nel dicembre del 2001 non in pubblico ma nella residenza privata del premier, a palazzo Grazioli, o a Palazzo Chigi. Noemi ha soltanto dieci anni.

Il ricordo di Elio Letizia non coincide con quello di Silvio Berlusconi. Nello stesso giorno, la memoria del capo del governo disegna un’altra scena decisamente differente da quella che ha in mente Elio Letizia. Quando Berlusconi ha incontrato per la prima volta Noemi? «La prima volta che ho visto questa ragazza è stato a una sfilata», risponde il premier (Corriere, 25 maggio). Quindi, in un luogo pubblico e non nei suoi appartamenti pubblici o privati. Non nel 2001, come dice Elio, ma più avanti nel tempo perché Noemi avrebbe avuto l’età adatta per «sfilare» (quattordici, quindici, sedici anni, 2005, 2006, 2007).

Le «bugie bianche» di Berlusconi (il Foglio, 25 maggio) non possono nascondere qualche sconcertante punto fermo. È vero, il capo del governo «frequenta minorenni», come ha detto Veronica Lario e dimostrato Repubblica. Il presidente del consiglio non riesce con qualche attendibilità a dire come ha conosciuto i Letizia cosicché le parole di Gino Flaminio acquistano più credibilità e maggiore verosimiglianza.

Il quadro compromesso e degradato dell’accountability del capo del governo è confermato addirittura dal racconto di Noemi, mai smentito (e oggi è troppo tardi per farlo).

«[Berlusconi, “papi”] mi ha allevata (…) Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo a Roma, a Milano. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che desidera da me. Poi, cantiamo assieme. (…) [Da grande vorrò fare] la showgirl. Mi interessa anche la politica. Sono pronta a cogliere qualunque opportunità. (…) Preferisco candidarmi alla Camera, al parlamento. Ci penserà papi Silvio» (Corriere del Mezzogiorno, 28 aprile).

Noemi conferma non solo l’abitudine di Berlusconi a frequentare minorenni, ma rafforza anche l’altra questione decisiva di questa storia: la pretesa di «far uso dei bei volti e dei bei corpi di persone che con la politica non hanno nulla a che fare». Manovra che denota «l’impoverimento della qualità democratica di un Paese» (FFWebMagazine, periodico della fondazione Farefuturo). Come – per fare solo tre nomi – Angela Sozio (Grande Fratello), Chiara Sgarbossa (miss Veneto), Cristina Ravot (cantante ammiratissima da Berlusconi che la voleva imporre al festival di Sanremo prima che al parlamento di Strasburgo), Noemi ritiene di poter ottenere da Berlusconi l’opportunità di fare spettacolo o, in alternativa, di essere eletta in parlamento. Televisione o seggio in parlamento, uguali sono. Le aspettative di Noemi, sollecitate dalle promesse di Berlusconi, sono in linea con le riflessioni critiche della signora Lario («Ciarpame senza pudore»). È documentata, allora, anche la seconda accusa che colpiva il capo del governo: per lui il corpo delle donne è «un gingillo» utile per «proiettare una (falsa) immagine di freschezza e rinnovamento» politico. S’invera lo «scarso rispetto per le istituzioni e per la sovranità popolare» del leader del Popolo della Libertà (Fondazione farefuturo).

Di fronte a due punti fermi (è vero, frequenta minorenni; è vero, candida nelle assemblee elettive i «bei corpi» che gli sono stati vicini), incalzato da domande a cui non può rispondere, Berlusconi si corregge di nuovo per tirarsi fuori da una catastrofe politica e comunicativa, domestica e internazionale. A Palazzo Chigi, dunque in un luogo che più ufficiale non si può, dice: «Non ho detto niente» (Ansa e Agi, 28 maggio). Pretende che gli si creda. Lo abbiamo sentito dire, spiegare, ricordare in pubblico, in voce e in video – e sempre mentire. Ora, con quattro parole («Non ho detto niente»), intende resettare la storia così come egli stesso ce l’ha raccontata. Esige che il potere delle sue parole sia, per noi, indiscusso. Comanda di dimenticare ciò che ricordiamo e ci impone di credere vero ciò che egli dice vero (e noi sappiamo bugiardo). «Non ho detto niente» dovrebbe ripulire dalla lavagna le sue menzogne. Gli interessa ora andare al sodo per salvare la faccia e – forse – un destino politico che vede compromesso (compromessa appare la sua ascesa al Quirinale). Vuole rispondere soltanto a una domanda: ha avuto «rapporti piccanti» con Noemi? Se la pone da solo. Risponde: «Assolutamente no, ho giurato sulla testa dei miei figli e sono consapevole che se fossi uno spergiuro mi dovrei dimettere, un minuto dopo averlo detto» (Radiocor, 28 maggio). Non chiarisce che cosa siano i «rapporti piccanti», per il lessico e la fantasia erotica di uomo come lui.

Sesso e politica. Politica e sesso. “Privato” che si fa “pubblico”. “Pubblico” che deve subire gli abusi di potere di un privato. Di questo impasto ci parlano le pratiche del Cavaliere che rinviano con immediatezza al suo dispositivo di governo, e quindi alla cosa pubblica e non soltanto ai comportamenti privati di un uomo. Lo “scandalo” dell’affare è in queste relazioni scorrette compensate da promesse di incarichi pubblici, è nelle accertate menzogne che screditano chi governa e il Paese che da lui è governato. Di questo dovrebbe rispondere il premier in pubblico se davvero avesse compreso che accountability è l’esatto contrario di arbitrio e menzogna.

Il capo del governo vive un clima psichico alterato. È la terza accusa della moglie: «[Silvio] non sta bene» (Repubblica, 3 maggio). La patologica sexual addiction di Berlusconi si sfoga in festicciole viziose. Anima “spettacolini” affollati da venti, trenta, quaranta ragazze: “farfalline” coccolate mentre il “sultano” indossa un accappatoio di un bianco accecante; “tartarughine” travestite da Babbo Natale; “bamboline” che mimano, in villa e tra i fiori, il matrimonio con «papi» (Repubblica, 12 giugno). Frequente la presenza di “squillo”, “escort”, “ragazze immagine” abituate a incontrare sceicchi sulle rive del Golfo Persico.

La scena, accennata esplicitamente da Veronica Lario, ancora sfumata nei contorni con Noemi, si definisce con nitore quando prende la parola Patrizia D’Addario, “escort di lusso”, un modo per dire prostituta di caro prezzo. Il palcoscenico, anche acusticamente esplorato, è illuminato a giorno, ora. Si possono vedere con chiarezza i gesti, sentire le parole, ascoltare le voci anche nelle stanze più intime e protette (il bagno, la camera da letto) del palazzo presidenziale. Il linguaggio si fa esplicito, crudo. Come, senza sottintesi, sono le condotte, le logiche, gli esiti.

Patrizia è ingaggiata (2000 euro) da un amico del Cavaliere che ingrassa i suoi affari e la sua influenza pagando “squillo” da accompagnare alle feste del presidente a Roma, in Sardegna.

Patrizia varca, per la prima volta, la soglia di Palazzo Grazioli il 15 ottobre 2008. Patrizia, «una volta entrata in una stanza affrescata all’interno della residenza del presidente del Consiglio, si trova davanti venti ragazze e il suo primo pensiero è: ‘Ma questo è un harem!’». (Sunday Times, 21 giugno).

Patrizia osserva, curiosa: «Mentre la gran parte di noi, come ci era stato detto, indossava abiti neri corti e trucco leggero, due ragazze che stavano sempre vicine, avevano pantaloni lunghi (...) Erano due escort lesbiche che lavorano sempre in coppia» (Repubblica, 25 giugno).

Patrizia, quella sera, non resta a Palazzo. Ci ritornerà, il 4 novembre. «Sono tornata dopo un paio di settimane, esattamente la sera dell’elezione di Barack Obama» (Corriere, 17 giugno).

Patrizia registra quel che sente. Fotografa – appena può – quel che vede. Lo fa sempre, con tutti, da sempre. Questa volta, la seconda volta da Berlusconi, Patrizia rimane a Palazzo per una notte di sesso con il capo del governo. Il Cavaliere – dopo cena, visione dei film che lo mostrano accanto ai potenti della Terra, le solite canzoni e la ola – chiede alla donna di aspettarlo nel «letto grande» (Repubblica, 20 giugno).

«Berlusconi mi ha telefonato la sera stessa, appena sono arrivata a Bari. E qualche giorno dopo Gianpaolo mi ha invitata a tornare. Ma io ho rifiutato (…) Gianpaolo ha voluto il mio curriculum perché mi disse che volevano candidarmi alle Europee (…) Quando sono cominciate le polemiche sulle veline, il segretario di Gianpaolo mi ha chiamata per dirmi che non era più possibile (…) [mi è stata allora] proposta la lista “La Puglia prima di tutto” [per il rinnovo del consiglio comunale]. Io ho accettato subito» (Corriere, 17 giugno).

I ricordi di Patrizia sono confermati dalle due «ragazze-immagine» (qualsiasi cosa significhi l’eufemismo) che sono con lei: Lucia Rossini (Repubblica, 21 giugno) e Barbara Montereale. Che dice: «Sapevano tutti a quella cena che lei [Patrizia] era una escort. Presumo anche il presidente». (Repubblica, 20 giugno). Le due ragazze ridono, scherzano, si fotografano allegre nella toilette del presidente del consiglio, come padrone del campo.

Le parole, le testimonianze incrociate, le immagini, i documenti fonici non possono più confondere quel che abbiamo sotto gli occhi. Quel che la signora Lario chiama “malattia”, l’effetto distruttivo di un narcisismo sgomento dinanzi alla vecchiaia, un’autostima che esige sempre, a ogni occasione l’ammirazione riservata alla giovinezza, alla celebrità, al fascino rendono vulnerabile e gravemente indifeso il capo del governo e l’autorevolezza del suo ufficio. C’è un fondo di onnipotenza nei suoi comportamenti, come se ogni azione gli fosse consentita. È circondato da prosseneti che lucrano vantaggi personali cercandogli in angoli d’Italia ragazze sempre nuove, sempre più giovani, sempre più rapaci e spregiudicate, spesso sostenute nella loro cinica ambizione dalle famiglie, da mammà e papà. Vogliono un successo dove che sia, in tivvù o nella politica. Il premier può concederglielo con una telefonata, se vuole. Gli danno pressione. Lo pretendono. E’ il quadro che ha già proposto Veronica Lario. «Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. È stato tutto inutile» (Repubblica, 3 maggio).

La difesa di Berlusconi, di fronte a questa rappresentazione di se stesso e della fenomenologia del suo potere, è violenta fino alla spietatezza contro i testimoni della sua vita; è prepotente contro l’informazione che non sceglie la taciturnità imposta al servizio pubblico radiotelevisivo e accettata - con l’eccezione del Tg3 - di buon grado. E tuttavia, quando affronta le circostanze che sono emerse, quella manovra è maldestra.

Niccolò Ghedini, avvocato del Cavaliere, nell’ansia di sfuggire al reato ora che una prostituta parla di tariffe, trattative e pagamenti, ammicca complice agli italiani che si sentono “puttanieri” irredimibili, anche se spesso soltanto fantasiosi, nella convinzione che quel peccato possa essere presto perdonato urbi et orbi. Il lemma che adopera (gli appare il più onesto e concreto) peggiora il clima e deteriora ancor più l’immagine del premier. «Ancorché fossero vere le indicazioni di questa ragazza [Patrizia], e vere non sono, il premier sarebbe, secondo la ricostruzione, l’utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile». (Affari italiani, 17 giugno).

Come se l’affare fosse legale e non politico. L’errore dell’avvocato convince Berlusconi a muovere in prima persona. Lo fa secondo le sue prassi consolidate. Dai fogli patinati di un settimanale di famiglia, nega quel che è accaduto. «Non c’è nulla nella mia vita privata di cui io mi debba scusare (…) Non ho [di Patrizia] alcun ricordo. Ne ignoravo il nome e non ne avevo in mente il viso. Non mi ero reso conto [che fosse una prostituta]» (Chi, 24 giugno). Tace che ancora il 27 gennaio, il suo amico di Bari chiama Patrizia per dirle (la telefonata è registrata): «[Il presidente] ti vuole vedere la prossima settimana a Roma» (Corriere, 21 giugno). Vedere lei, proprio lei: Patrizia, con quella faccia che ora non ricorda, con quel nome che ha dimenticato, forse ripensando soltanto al suo corpo.

Questa volta - direttamente e non attraverso i suoi giornali e attaché (lo ha fatto per Gino Flaminio) - scatena l’ordinaria menzogna distruttiva contro Patrizia D’Addario: «[Le è stato] dato un mandato molto preciso e benissimo retribuito» (Chi, 24 giugno). Dovrebbe offrire un riscontro anche labile della sua accusa anche perché ha avuto il tempo e ha le risorse per raccoglierlo. Non lo fa. Dovrebbe comprendere che la denunzia, anche se inventata, conferma la sua vulnerabilità. La mostra, la dimostra. Se c’è un ricattatore dietro le parole di Patrizia D’Addario, la responsabilità è soltanto di chi dissennatamente le ha aperto le porte di casa. Dice: «Può capitare di sbagliare ospiti» (Ansa, 25 giugno), ma il punto è proprio questo: quanti sono gli “ospiti sbagliati” che si sono seduti alla sua tavola? E che intenzioni hanno?

Il fatto è che il Cavaliere si tiene lontano da fatti che, per la loro solidità, possono fulminarlo. Preferisce scavare nella differenza tra sé e gli altri, tutti gli altri che soltanto ricordano quel che ha detto e giurato o le menzogne che ha sottoscritto con la sua faccia, i suoi discorsi. Non pare curarsene. Dice: «Io sono fatto così. E gli italiani così mi vogliono. Ho il 61 per cento. Io sono buono, generoso, leale, (attenzione) sincero, mantengo le promesse, sono un mattatore, un intrattenitore» (Ansa, 25 giugno).

Soltanto un malvagio può non amarlo. In fondo, la politica è questo per il capo del governo: la legittimità del suo potere lo autorizza - crede - a creare un’ostilità interna, un conflitto permanente tra chi è con lui e chi, perché lontano da lui o critico, deve essere considerato “estraneo”, “nemico”, ”eversore”. È «odio e invidia» (Ansa, 24 giugno) chiedergli conto delle sue condotte pubbliche, del suo stato di salute, di una vita spericolata, delle contraddizioni radicali del suo agire: ha prostitute nel suo letto, ma legifera per punire chi frequenta le prostitute; invoca per sé la privacy ma vuole scrivere le norme della nostra privacy, dalla procreazione al “fine vita”.

È un «progetto eversivo» contro il suo governo e contro il Paese chiedergli di essere trasparente. «Le calunnie contro di me, le veline, le minorenni, Mills (è un testimone che ha corrotto salvandosi da una condanna), i voli di Stato (che utilizza per trasferire amiche, musici, ballerine) , hanno costituito una campagna di scandalo molto negativa all'estero per il nostro paese e credo sia un comportamento colpevole da chi l'ha pensato e organizzato, [credo che sia] un progetto eversivo perché la finalità è quella di costringere a far decadere un presidente del consiglio eletto dagli italiani (...). Se questa non è eversione, ditemi voi cos’è». (Adnkronos, 13 giugno).

La sola soluzione che intravede alla crisi che lo affligge è la riduzione al silenzio o la rovina economica della stampa che non racconta come vere le sue fiabe. «Bisognerebbe non avere dei media che tutti i giorni cantano la canzone del catastrofismo e credo che anche voi [imprenditori] dovreste operare di più in questa direzione. Per esempio: non date pubblicità a chi si comporta così» (Asca, 13 giugno).

Il rosario di incoerenze, menzogne, abusi di potere di Silvio Berlusconi sollecita a rinnovargli alcune domande che possono essere conclusive:

1. Quando, signor presidente, ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia? Quante volte ha avuto modo d’incontrarla e dove? Ha frequentato e frequenta altre minorenni?

2. Qual è la ragione che l’ha costretta a non dire la verità per due mesi fornendo quattro versioni diverse per la conoscenza di Noemi prima di fare due tardive ammissioni?

3. Non trova grave, per la democrazia italiana e per la sua leadership, che lei abbia ricompensato con candidature e promesse di responsabilità politiche le ragazze che la chiamano «papi»?

4. Lei si è intrattenuto con una prostituta la notte del 4 novembre 2008 e sono decine le “squillo” che, secondo le indagini della magistratura, sono state condotte nelle sue residenze. Sapeva che fossero prostitute? Se non lo sapeva, è in grado di assicurare che quegli incontri non l’abbiano resa vulnerabile, cioè ricattabile – come le registrazioni di Patrizia D’Addario e le foto di Barbara Montereale dimostrano?

5. È capitato che “voli di Stato”, senza la sua presenza a bordo, abbiano condotto nelle sue residenze le ospiti delle sue festicciole?

6. Può dirsi certo che le sue frequentazioni non abbiamo compromesso gli affari di Stato? Può rassicurare il Paese e i nostri alleati che nessuna donna, sua ospite, abbia oggi in mano armi di ricatto che ridimensionano la sua autonomia politica, interna e internazionale?

7. Le sue condotte sono in contraddizione con le sue politiche: lei oggi potrebbe ancora partecipare al Family Day o firmare una legge che punisce il cliente di una prostituta?

8. Lei ritiene di potersi ancora candidare alla presidenza della Repubblica? E, se lo esclude, ritiene che una persona che l’opinione comune considera inadatta al Quirinale, possa adempiere alla funzione di presidente del consiglio?

9. Lei ha parlato di un «progetto eversivo» che la minaccia. Può garantire di non aver usato né di voler usare intelligence e polizie contro testimoni, magistrati, giornalisti?

10. Alla luce di quanto è emerso in questi due mesi, quali sono, signor presidente, le sue condizioni di salute?

22 giugno 2009

L'isolamento dello stregone


Il mago è sempre più patetico
di GIUSEPPE D'AVANZO
Il battibecco in diretta tv tra il capo del governo e l'avvocato Ghedini ("Come puoi pensare, Niccolò, che ti ho dato del "pazzo", ora sono io che mi offendo...") chiude una lunga stagione e ne annuncia una nuova, più incerta, dove nella sorridente e amabile stregoneria mediatica di Berlusconi affiorano disgregazioni e svuotamenti di cui nessuno, per il momento, può immaginare gli esiti. La politica di Arcore finora è stata soprattutto arma psicologica, sapientissimo governo di una macchina del consenso capace di distribuire gesti, parole, discorsi. Inoculare passioni e fobie attraverso format semplificati: "l'uomo del fare", "i comunisti". Ispirare finte idee: "Saremo tutti felici". Fabbricare una scena di cartone: "I successi del governo che non lascia nessuno indietro". Indurre decisioni e, naturalmente, una propensione al voto. Berlusconi aveva (e ha) il controllo pieno di un efficiente arsenale per affatturarsi il mondo e la realtà. Televisioni pubbliche e private; influenza diretta o indiretta su quotidiani e settimanali; dominio pieno dell'industria dell'intrattenimento che crea miti, stili di vita, desiderio, incantesimi. Indifferente a ogni self-restraint, Berlusconi ha usato quel ferro semiotico senza parsimonia e con calcoli freddi. Là dove c'era il "pieno" del potere (e la sua responsabilità, i suoi doveri, anche la sua sofferenza) è nato un "vuoto" dove tutto - ogni magia, ogni promessa, ogni favola - poteva felicemente trovar posto per durare un solo giorno perché il "pubblico" è "educato" a dar fede soltanto a "credenze" che possono essere cancellate o sostituite il giorno successivo ("Tutti gli aquilani avranno le loro case in autunno").

Le tecniche di questa nuova "civilizzazione", che ha reso indifferente sulla scena politica e nel discorso pubblico la domanda "che cosa accade davvero?", è stata manifesta nel corso del tempo. Il signore tecnocratico-populista scriveva l'agenda dell'attenzione pubblica. I media ubbidienti o gregari (la maggior parte) ne riproducevano l'eco. Discorsi precostituiti pronti all'uso ne assicuravano una "coda lunga". Infine, maschere salmodianti (in assetto variabile, Gasparri, Quagliariello, Bocchino, Cicchitto, Bonaiuti) li recitavano come filastrocche all'ora del tiggì. Bene, la diavoleria non funziona più. Da due mesi Berlusconi è inchiodato su un'agenda che non ha scritto lui, che lo ha sorpreso e ancora lo stupisce. È costretto a inseguire una "realtà" (le feste di compleanno in periferia, le vacanze con le minorenni, l'ossessione per il sesso, le notti a pagamento) che non riesce a cancellare dalla pubblica attenzione.

Più il premier si rifiuta di rispondere a legittime domande e all'opinione pubblica per liberarsi delle ombre e delle contraddizioni che oscurano i suoi comportamenti privati, tanto più è chiaro - ora, anche a chi l'ha a lungo negato - che la questione è politica, e il capo di un governo non se ne può sottrarre. I caudatari, nella corvée televisiva della sera, sono come intrappolati in un'alternativa del diavolo, in un gioco a perdere. La litania preconfezionata prevede di distruggere con parole arroventate la "realtà", di ridurla a questione privata e dunque protetta allo sguardo di chicchessia. Ma quanto più i corifei demoliscono tanto più le loro parole provocano imbarazzo anche nella loro area di consenso e spargono la convinzione che, se il presidente del consiglio tace, la ragione è nell'impossibilità di essere trasparente, di dire qualcosa senza correre il rischio di danneggiare se stesso. Peggio accade quando la controffensiva si fa gaglioffa. Come d'abitudine l'informazione al servizio del premier calpesta tutti coloro che sono in grado di dire una parola di verità. Così la signora, ospite a pagamento del premier nel "letto grande" di Palazzo Grazioli, diventa nei resoconti una pazza, una squilibrata, per di più puttana.

Disegnata così la scena, crescono e non diminuiscono dubbi, domande, sconcerto. Ci si chiede quanto irresponsabile sia chi permette a un personaggio così avventuroso di entrare nella sua camera da letto, armato di videocamera e registratore. Per liberare il Cavaliere dall'accusa di pagare prostitute, c'è poi chi (Feltri su Libero) si spinge a giurare sulla sua impotenza: che bisogno ha di pagare una donna se il sesso gli è impedito? Il polemista non si accorge che, per salvare il suo Cavaliere, gli infligge un'umiliazione. Come capita anche all'avvocato-consigliere che definisce il suo "principe" innocente e, se non innocente, soltanto "utilizzatore finale" di quel corpo-merce. Il vivamaria ci racconta come la stregoneria politica e mediatica si è infranta.

Chiunque ha potuto vedere, nelle immagini di Sky dal Consiglio europeo di Bruxelles, il nuovo Berlusconi. Cupo, livoroso, spogliato del suo dinamismo estroverso. Il capo del governo freneticamente si inumidisce, sulle labbra, l'indice e il medio della mano destra. Sfoglia rapido la rassegna stampa. Con la sinistra regge il telefono e alza voce. E' compulsivo. Nemmeno si accorge della telecamera. E' a un consesso internazionale e deve occuparsi degli affari di bottega, da solo e direttamente, improvvisando, privo di una exit strategy. Non ha accanto consiglieri, spin doctor, staff. Il ministro che gli siede vicino, Frattini, finge di leggere e sembra imbarazzato da quel che sente. Sente che il premier deve rabbonire finanche l'avvocato finora bravo ad ingrassare soltanto le sue difficoltà, convinto com'è che l'affare sia penale e non politico.

Sono immagini che indicano l'isolamento del presidente del consiglio, la paralisi di chi - ripetendo come un mantra salvifico "spazzatura, spazzatura" - crede di poter esorcizzare le difficoltà che lo affliggono e lo occupano in modo esclusivo a dispetto delle sue responsabilità di governo. I fotogrammi di Bruxelles possono essere la fine della magia cesaristica, possono essere la conclusione di un sogno bonapartista, evocato da Gianfranco Fini come "impotente e inefficace", come nemico e minaccia di una democrazia "più forte, più rappresentativa, più partecipata". L'Italia berlusconiana sembra abbandonare le tentazioni - da Secondo Impero - del plebiscito. Nessuno sentirà l'assenza di Louis-Napoléon.

21 giugno 2009

Papi parla ancora


Un altro fuorionda sulla figlia della Pavlova.
ROMA - Una telecamera di Sky ha catturato ieri mattina un altro fuorionda di Berlusconi a Bruxelles, con il primo ministro bulgaro Serghej Stanishev, a margine del Consiglio europeo. I due parlano di Dorina Pavlova, la donna misteriosa (una delle più ricche dell'Est Europa), che la stampa bulgara ha descritto come molto intima del Cavaliere. "La verità - dice Berlusconi, presente un imbarazzato ministro degli Esteri Frattini - è che Pavlova ha una figlia fantastica. E tu conosci il mio interesse per le minorenni".

16 giugno 2009

Un regalo per Maroni


In Italia 3 detenuti di Guantanamo
L'Italia ha accettato di ospitare 3 ex sospetti terroristi detenuti nel campo di detenzione di Guantanamo. Lo ha annunciato il presidente Barack Obama al termine dell'incontro alla Casa Bianca con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.