A Mazara del Vallo i pescherecci escono in piena notte, per due volte, e salvano 650 naufraghi africani
I pescatori sfidano il mare forza 9 per salvare 650 «clandestini»
Laura Eduati
Ventotto ore in balìa del mare in burrasca per salvare seicentocinquanta immigrati che rischiavano di naufragare nel Canale di Sicilia. Una operazione rischiosissima portata a termine con successo dai pescatori di Mazara del Vallo, che hanno messo a disposizione cinque motopesca per soccorrere due barconi in grosse difficoltà, il primo a 15 miglia da Lampedusa e il secondo in acque maltesi e, come spesso accade, ignorato da La Valletta.
L'allarme viene dato giovedì pomeriggio dagli stessi migranti, con un telefono satellitare lanciano un disperato sos. Il mare infuria a forza nove, le imbarcazioni rischiano di spezzarsi.
Il responsabile della Capitaneria di porto di Lampedusa, il tenente di vascello Achille Selleri, guarda con preoccupazione le onde: le motovedette della Guardia costiera non possono lasciare l'isola. Così chiama i pescatori della flotta mazarese, che spesso ormeggiano a Lampedusa per riposarsi e che proprio giovedì avevano deciso di non salpare per le pessime condizioni metereologiche. I pescatori annuiscono: non è la prima volta che mettono a disposizione i motopesca per salvare dei migranti disperati, i pescherecci sono più grandi delle motovedette e consentono più facilmente il trasbordo dei migranti dalle carrette.
Sciolgono gli ormeggi cinque imbarcazioni: Ariete, Monastir, Twenty Two, Ghibli e Giulia P.G. E' quasi sera, l'operazione parte anche con la coordinazione della Capitaneria di porto di Palermo, gli uomini di Selleri si imbarcano con i pescatori alla ricerca del primo barcone. Lo rintracciano quando è buio, onde alte dieci metri impediscono di avvicinarsi, la carretta viene portata a ridosso di Lampedusa e qui, sottocosta, al riparo del vento, i trecentotré migranti vengono fatti salire sul Twenty Two. Sono sfiniti dalla paura: partiti martedì dalla Libia, hanno perso quattro compagni in mare. Tra loro ci sono 21 donne e alcuni bambini. In trecento su una imbarcazione di appena 15 metri: un miracolo che si siano salvati, dicono gli uomini della Guardia Costiera. Un miracolo davvero, visto che la traversata marittima è l'ultimo tassello di un lungo viaggio dall'Africa subsahariana attraverso le maglie spinose e strette della Libia, dove le forze di polizia non usano scrupoli nei confronti dei cosiddetti "illegali" - Tripoli non ha firmato la Convenzione di Ginevra e dunque non riconosce i richiedenti asilo, e Gheddafi utilizza la moneta "clandestini" nelle trattative con i Paesi europei e specialmente con l'Italia.
I trecento vengono portati al centro di accoglienza all'alba, ma non è finita: i cinque pescherecci ripartono per recuperare il secondo barcone che nel frattempo si trova a nove miglia dalla costa. Il mare non accenna a placarsi, il Ghibli ripete la stessa operazione riportando la carretta a Lampedusa presso la cala Grecale dove avviene il trasbordo e finalmente, a mezzanotte di venerdì, i trecentoventi migranti possono mettere piede sull'isola. Con loro un bimbo di appena 4 mesi, 15 donne e una incinta di nove mesi. Alla Capitaneria di porto di Lampedusa sanno che poteva finire in tragedia e che «forse lassù qualcuno ci ha dato una mano».
Prima flotta peschereccia italiana con 30mila tonnellate di pesce pescato l'anno, un migliaio di pescherecci e 20 industrie di trasoformazione, i marinai di Mazara del Vallo sono abituati ad imbattersi nei barconi dei migranti che provengono dalla Libia o dalla Tunisia. Se nei primi tempi venivano invitati dalla Guardia Costiera a restare accanto alle imbarcazioni in attesa delle motovedette, negli ultimi tempi vengono autorizzati a portare a bordo i migranti poiché pare che i pescherecci siano della grandezza idonea per questo tipo di operazioni. «Ci criticano sempre, eppure siamo capaci di questi gesti» commenta da terra uno dei proprietari dei motopesca. I marinai sono già in alto mare per pescare.
2 dicembre 2008
I pescatori al governo già!
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