IL DIFFICILE COMPITO DI FAR DIVENTARE TUTTO FACILE.
Dal dopoguerra in poi il discorso, gli analisi ed i dibattiti della sinistra non hanno fatto altro che paralizzare l’azione. Gli intellettuali di sinistra di Occidente sono diventati ingordi con le parole. “Parolai”, gli hanno definiti più di una volta gli anarchici, che non sono rimasti indietro in questo mestiere difficile del parlare e dello spiegare il “perché” di tanta ingiustizia nel mondo. Filosofi, sociologi, politologi, comunicatori di vario genere, giornalisti, avvocati e professori di ogni pelo e marca si sono dedicati a spulciare la realtà, a trovare sfumature, ad analizzare la “complessità” di vivere in una società industrializzata. Si sono dimenticati però che l’auditorio era strapieno di persone che non capivano di che cosa si parlase. Gli intellettuali allora si sono prosciugati le meningi per tentare di rendere il linguagio più chiaro e comprensibile, ma non mancavano i concorrenti con diversi punti di vista che spiegavano la stessa realtà vista da un altro angolo. Si sono scagliati tra di loro dividendo il campo popolare in tribù irriconciliabili. Il resto, la massa indecisa, rimane in silenzio aspettando qualcosa che rivelasse loro la Verità promessa, il da farsi per raggiungere un mondo migliore.
Certo è che i movimenti degli intellettuali hanno fatto progredire il pensiero umano con passi da giganti, ma l’effetto che hanno provocato all’interno della società è stato quello della paralisi. Forse perché il pensiero sempre ha bisogno di tempo per essere digerito, forse perché le forze in campo comunicazionale erano impari, ma resta comunque che gli intellettuali di sinistra, “complicando” tutto ciò che componeva la vita quotidiana hanno creato più di una volta effetti anti-rivoluzionari. Il sostegno alla “complessità” della vita e delle relazioni umane hanno portato a troppi controlli, troppe regole, troppi divieti; accettando molte volte “per correttezza” le opinioni altrui senza dibatterle. Malgrado i testi del Che Guevara e di Ho Chi Min che segnalavano con estrema chiarezza la “semplicità” dell’agire rivoluzionario, gli intellettuali occidentali son rimasti abbagliati davanti ad uno specchio quasi a godersi la propria immagine ed immaginando come sarebbe stato il proprio monumento da tramandare alla Storia. Mlgrado i pensieri di Gramsci e di Mariategui siano stati chiarissimi e “semplici” da capire, gli intellettuali di sinistra occidentali si sono affrettati in analizzarli una e mille volte per trovare la chiave giusta di un discorso che incastrasse col proprio pensiero, “complicando” ulteriormente le cose. Il divario tra il pensiero “complessivo” e le attese delle masse fu enorme; questo divario molte volte fu colmato con delle parole, con canoni di condotta, con dei rituali vuoti, con mode, deviando così (e rallentando) l’azione principale: fare la rivoluzione.
Forse gli intellettuali volevano opporsi al “semplicismo” che ha sempre mostrato la destra, forse considevano che la loro prefessione non permetteva loro di accettare così “semplicemente” la realtà. Questa situazione di lotta tra due contendenti non poteva riasumersi in un conflitto tra “loro” e “noi”. Non potevano accettare,--e credo che ancora non ci riescano--, che “essere vittima” non ha bisogno di un’altra spiegazione, che non ha bisogno di spiegare tutte le sfumature del concetto “vittima” per capire come si soffre essendolo. Non riescono,--forse avranno bisogno di un corso di cultura zen--, a concepire la “semplicità”. E, ma questa è una mia povera opinione, forse non ci riescono perché nel fondo non sono capaci. Non nel senso di “capaci” perché mancano loro i dati od utensili per arrivare, no; per me, non son “capaci” nel senso lato della parola, ossia sono, e sono stati, degli incapaci.
Era così difficile arrivare alla conoscenza del fatto che “loro” si uniscono solo perché hanno un solo interesse in comune: i soldi? Perché “complicare” tanto le cose se a “noi” interessa giusto la stessa cosa? L’unico che cambia è che la quantità di soldi dovrà essere distribuita in un modo diverso ed tra una maggior quantità di persone. Perché “complicare” i discorsi, creare divieti e regole a tavolino se ancora non si è fatto niente, neanche il primo passo, per prenderci il potere?. La cosa è “semplice”: il potere ce l’hanno “loro” ma lo vogliamo “noi”. E “noi” abbiamo ragioni da regalare per giustificare il diritto ad avere e amministrare il potere. “Loro” non hanno la minima ragione e non potranno mai argomentare niente per giustificare la loro brama di potere. Se qualche timorato domanda, le risposte sono sempre facili, basta far riferimento al diritto naturale, al poco tempo che viviamo ed al nostro diritto alla felicità. Allora, se tutto è così “semplice”, cosa impedisce dare i primi passi per organizzarci ed iniziare ad avanzare?
Dal dopoguerra in poi il discorso, gli analisi ed i dibattiti della sinistra non hanno fatto altro che paralizzare l’azione. Gli intellettuali di sinistra di Occidente sono diventati ingordi con le parole. “Parolai”, gli hanno definiti più di una volta gli anarchici, che non sono rimasti indietro in questo mestiere difficile del parlare e dello spiegare il “perché” di tanta ingiustizia nel mondo. Filosofi, sociologi, politologi, comunicatori di vario genere, giornalisti, avvocati e professori di ogni pelo e marca si sono dedicati a spulciare la realtà, a trovare sfumature, ad analizzare la “complessità” di vivere in una società industrializzata. Si sono dimenticati però che l’auditorio era strapieno di persone che non capivano di che cosa si parlase. Gli intellettuali allora si sono prosciugati le meningi per tentare di rendere il linguagio più chiaro e comprensibile, ma non mancavano i concorrenti con diversi punti di vista che spiegavano la stessa realtà vista da un altro angolo. Si sono scagliati tra di loro dividendo il campo popolare in tribù irriconciliabili. Il resto, la massa indecisa, rimane in silenzio aspettando qualcosa che rivelasse loro la Verità promessa, il da farsi per raggiungere un mondo migliore.
Certo è che i movimenti degli intellettuali hanno fatto progredire il pensiero umano con passi da giganti, ma l’effetto che hanno provocato all’interno della società è stato quello della paralisi. Forse perché il pensiero sempre ha bisogno di tempo per essere digerito, forse perché le forze in campo comunicazionale erano impari, ma resta comunque che gli intellettuali di sinistra, “complicando” tutto ciò che componeva la vita quotidiana hanno creato più di una volta effetti anti-rivoluzionari. Il sostegno alla “complessità” della vita e delle relazioni umane hanno portato a troppi controlli, troppe regole, troppi divieti; accettando molte volte “per correttezza” le opinioni altrui senza dibatterle. Malgrado i testi del Che Guevara e di Ho Chi Min che segnalavano con estrema chiarezza la “semplicità” dell’agire rivoluzionario, gli intellettuali occidentali son rimasti abbagliati davanti ad uno specchio quasi a godersi la propria immagine ed immaginando come sarebbe stato il proprio monumento da tramandare alla Storia. Mlgrado i pensieri di Gramsci e di Mariategui siano stati chiarissimi e “semplici” da capire, gli intellettuali di sinistra occidentali si sono affrettati in analizzarli una e mille volte per trovare la chiave giusta di un discorso che incastrasse col proprio pensiero, “complicando” ulteriormente le cose. Il divario tra il pensiero “complessivo” e le attese delle masse fu enorme; questo divario molte volte fu colmato con delle parole, con canoni di condotta, con dei rituali vuoti, con mode, deviando così (e rallentando) l’azione principale: fare la rivoluzione.
Forse gli intellettuali volevano opporsi al “semplicismo” che ha sempre mostrato la destra, forse considevano che la loro prefessione non permetteva loro di accettare così “semplicemente” la realtà. Questa situazione di lotta tra due contendenti non poteva riasumersi in un conflitto tra “loro” e “noi”. Non potevano accettare,--e credo che ancora non ci riescano--, che “essere vittima” non ha bisogno di un’altra spiegazione, che non ha bisogno di spiegare tutte le sfumature del concetto “vittima” per capire come si soffre essendolo. Non riescono,--forse avranno bisogno di un corso di cultura zen--, a concepire la “semplicità”. E, ma questa è una mia povera opinione, forse non ci riescono perché nel fondo non sono capaci. Non nel senso di “capaci” perché mancano loro i dati od utensili per arrivare, no; per me, non son “capaci” nel senso lato della parola, ossia sono, e sono stati, degli incapaci.
Era così difficile arrivare alla conoscenza del fatto che “loro” si uniscono solo perché hanno un solo interesse in comune: i soldi? Perché “complicare” tanto le cose se a “noi” interessa giusto la stessa cosa? L’unico che cambia è che la quantità di soldi dovrà essere distribuita in un modo diverso ed tra una maggior quantità di persone. Perché “complicare” i discorsi, creare divieti e regole a tavolino se ancora non si è fatto niente, neanche il primo passo, per prenderci il potere?. La cosa è “semplice”: il potere ce l’hanno “loro” ma lo vogliamo “noi”. E “noi” abbiamo ragioni da regalare per giustificare il diritto ad avere e amministrare il potere. “Loro” non hanno la minima ragione e non potranno mai argomentare niente per giustificare la loro brama di potere. Se qualche timorato domanda, le risposte sono sempre facili, basta far riferimento al diritto naturale, al poco tempo che viviamo ed al nostro diritto alla felicità. Allora, se tutto è così “semplice”, cosa impedisce dare i primi passi per organizzarci ed iniziare ad avanzare?
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