Le esecuzioni sommarie nella Grande Guerra e la decimazione di Monte Mosciagh.
Ormai che i festeggiamenti per il 4 Novembre sono avviati, ritengo che la memoria di questi fatti non debba andare persa, anche perché ci aiuta a riflettere sul fatto che le guerre é sempre meglio non dichiararle, a prescindere dalle ragioni che possono giustificarle, come peraltro ci ricorda anche l’articolo 11 della nostra Costituzione.
La disciplina delle truppe fu la prima preoccupazione di Cadorna.
Costituì per lui una vera e propria ossessione e questo fu particolarmente grave perché fra le nostre truppe non si verificarono episodi di indisciplina di massa.
I nostri soldati combatterono con grande coraggio e spirito di sacrificio in condizioni estreme, con carenze pesantissime di mezzi ed armamenti.
I soldati italiani, incolpevoli vittime di macroscopici errori altrui, furono pure ripetutamente accusati di vigliaccheria. Gli alti comandi diedero loro la colpa del fallimento di azioni che non avevano nessuna possibilità di riuscita. Furono ritenuti i primi responsabili delle peggiori disfatte come nel caso della Strafexpedition e della ritirata di Caporetto.
Cadorna si adoperò strenuamente perché la giustizia militare fosse inflessibile e improntata al rigore più estremo.
Richiamò costantemente i Tribunali di guerra affinché applicassero le pene più severe e ignorassero le già ristrette norme di tutela degli imputati, fino a rimuovere dall’incarico i magistrati che non si adeguavano alle sue direttive.
Le pressioni di Cadorna ebbero successo:
262.000 soldati processati (il 6% dei mobilitati) con condanna nel 62,6% dei casi.
4.028 condanne a morte di cui 1.061 in contraddittorio. 750 furono eseguite.
15.345 ergastoli.
Queste cifre, apparentemente irrisorie rispetto al numero di circa 650.000 caduti, fanno riflettere se comparate con quelle degli altri eserciti in campo. L’Italia é il paese che eseguì il maggior numero di condanne a morte (continua)
Ormai che i festeggiamenti per il 4 Novembre sono avviati, ritengo che la memoria di questi fatti non debba andare persa, anche perché ci aiuta a riflettere sul fatto che le guerre é sempre meglio non dichiararle, a prescindere dalle ragioni che possono giustificarle, come peraltro ci ricorda anche l’articolo 11 della nostra Costituzione.
La disciplina delle truppe fu la prima preoccupazione di Cadorna.
Costituì per lui una vera e propria ossessione e questo fu particolarmente grave perché fra le nostre truppe non si verificarono episodi di indisciplina di massa.
I nostri soldati combatterono con grande coraggio e spirito di sacrificio in condizioni estreme, con carenze pesantissime di mezzi ed armamenti.
I soldati italiani, incolpevoli vittime di macroscopici errori altrui, furono pure ripetutamente accusati di vigliaccheria. Gli alti comandi diedero loro la colpa del fallimento di azioni che non avevano nessuna possibilità di riuscita. Furono ritenuti i primi responsabili delle peggiori disfatte come nel caso della Strafexpedition e della ritirata di Caporetto.
Cadorna si adoperò strenuamente perché la giustizia militare fosse inflessibile e improntata al rigore più estremo.
Richiamò costantemente i Tribunali di guerra affinché applicassero le pene più severe e ignorassero le già ristrette norme di tutela degli imputati, fino a rimuovere dall’incarico i magistrati che non si adeguavano alle sue direttive.
Le pressioni di Cadorna ebbero successo:
262.000 soldati processati (il 6% dei mobilitati) con condanna nel 62,6% dei casi.
4.028 condanne a morte di cui 1.061 in contraddittorio. 750 furono eseguite.
15.345 ergastoli.
Queste cifre, apparentemente irrisorie rispetto al numero di circa 650.000 caduti, fanno riflettere se comparate con quelle degli altri eserciti in campo. L’Italia é il paese che eseguì il maggior numero di condanne a morte (continua)
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