19 ottobre 2008

Tempi Moderni - Precario tutta la vita


Sara Farolfi - il manifesto 18-10-08
MANIFESTAZIONE A ROMA
Piove che dio la manda, a piazza san Giovanni, ma Francesco sembra incurante con quel cartello a pettorina, «adotta un precario», con cui se ne va in giro. La coda del corteo è ancora indietro, il gruppo di compagni già disperso e diluito nella lunga e festosa coda che attraversa il centro di Roma. Ventisette anni, dipendente precario del ministero della salute che fu (oggi accorpato a quello del welfare), non è iscritto a nessun sindacato ma dice: «Ci tagliano il salario accessorio, che sono circa 4 mila euro all'anno, che senso ha andare a manifestare per il rinnovo del contratto, 7 euro in più al mese?».

Laureato (in veterinaria), ma inquadrato come diplomato, «e passi». Un contratto a termine in scadenza, «di stabilizzazione non se ne parla, e passi persino questo». «Ma ora c'è il rischio concreto, con il decreto Brunetta, che non ci rinnovino il contratto». «Siamo in centinaia - dice Francesco sotto l'acqua - gli uffici si basano su di noi e da noi dipendono i controlli sulle merci alimentari, che fine faranno?». Con 1180 euro al mese, il mutuo è riuscito a ottenerlo solo grazie a un po' di 'welfare familiare': «Tutti pensano che il salario accessorio sia una cosa da straricchi, non è vero, noi ci campiamo, e c'è chi con quei soldi che arrivano una volta all'anno ci paga le rate del mutuo». Storie di ordinaria precarietà, è questa la cifra dei 'tempi moderni'. Inascoltata dai più, ieri intercettata dallo sciopero generale. Precarietà a trecentossanta gradi, del lavoro, del salario, della vita. Dal pubblico impiego all'industria e ai servizi passando per la scuola, niente si salva. E non si tratta solo di giovani, non è questione generazionale la precarietà.

Dalla Calabria, dalla Puglia e dal Lazio, è arrivato un gruppo di lavoratrici socialmente utili (lsu). Tutte sulla cinquantina, ne hanno fin sopra i capelli e non la mandano a dire: «Sono dodici anni che lavoriamo in nero per gli uffici comunali, 500 euro al mese e zero contributi, dodici anni che lo diciamo, che lo denunciamo, e nessuno che si sia mai preso la briga di ascoltarci». Inutile cercare di saperne di più, si allontanano in men che non si dica. Lorenzo fa il giardiniere a Genova, ha 27 anni, una tessera Flai Cgil in tasca, e vive di contratti trimestrali, la malattia pagata al 65% e senza ferie. Valeria ne ha 45 di anni, insegna mosaico nell'istituto d'arte di Civitavecchia e non ha dubbi: «I primi a saltare saremo noi, tanto l'arte è superflua al giorno d'oggi».Figuriamoci la ricerca, vero e proprio laboratorio di precarietà negli anni del blocco delle assunzioni. Pettorina verde addosso, i ricercatori precari degli enti pubblici arrivano in gran numero insieme alla coda del corteo quando a piazza san Giovanni è già spuntato il sole. Iss, Cnr, Isfol, Inran, Ispra e Istat - per citarne alcuni - «tutti nella stessa barca». «A luglio prossimo chiudiamo l'istituto», raccontano Stefano e Rosangela, 42 e 32 anni, ricercatori microbiologici all'Istituto superiore di sanità (Iss). Sono in mobilitazione da settimane - insieme agli altri istituti di ricerca - «macchè, da più di dieci anni». «Ora c'è l'emergenza del decreto Brunetta sulla non rinnovabilità dei contratti precari dal primo luglio 2009, ma prima c'era stata la battaglia per la stabilizzazione, e prima ancora quella per avere un contratto a tempo determinato». Chi ce l'ha, con l'aria che tira oggi, è persino fortunato. La ricerca in campo sanitario è affidata a 3000 ricercatori, 800 dei quali precari a vario titolo (tra contratti a termine, di collaborazione, a progetto, dottorati, borse e assegni di ricerca).

Non va meglio alla ricerca in campo ambientale. E' bastato un emendamento al governo per creare, con la finanziaria, l'Ispra (dall'accorpamento di tre enti: l'Apat, a cui spettano le valutazioni d'impatto ambientale, l'Icram, titolare della ricerca sul mare, e l'Infs, l'istituto di Bologna che fa ricerca sulla fauna selvatica). Anna, quarantenne, attivista Usi Rdb non ha dubbi: «E' la deregulation del controllo ambientale». Un modo veloce per tagliare i costi, che anche all'Ispra rischia di scaricarsi sui 700 precari 'ereditati' dai tre istituti preesistenti (il 50% del personale). Tutti precari almeno da dodici anni, «il più 'giovane' dei quali ha 36 anni». Per i colleghi dell'Isfol, la storia cambia di poco. Martina, che ha 40 anni ed è precaria da 13, è riuscita addirittura a fare due concorsi per entrare all'istituto che si occupa di formazione e mercato del lavoro. In entrambi i casi, per avere un contratto a tempo determinato.

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