30 settembre 2008
La Constitución de Ecuador
La mongolfiera
Era un rito di antica data. La festa popolare festeggiava la primavera ma s’imponeva anche come un sentimento d’appartenenza, riscattando il senso di piccola società, rassicurando l’identità degli abitanti del paese. Nel centro della piazza, circondata dalla musica e degli odori di mandorle tostate, una mongolfiera arancione saliva e scendeva mostrando dall’alto le meraviglie del paesaggio a chi pagava le poche monete del corto viaggio. Sotto un tendone a righe bianche e rosse, si preparava la pista da ballo per la sera; mentre vicino alle imponenti griglie, una marea di gente lottava per ottenere un piatto di carne e patate. Qui, tutti si conoscevano da secoli e, nonostante i pettegolezzi, si sapeva bene chi era chi. Qui, una volta l’anno, le persone si mettevano in mostra e guardavano gli altri; esibivano come potevano le loro virtù e cercavano di nascondere inutilmente le proprie bassezze.
Un lungo sentiero portava ai prati vicini che, come un enorme e vasto palcoscenico, si alzavano sulle scogliere a sessanta metri sul mare blu. Qui venivano le famiglie e gli innamorati a fare picnic. La sagra restava dietro le basse colline ma i suoi profumi ed i suoi rumori attraversavano l’aria dando alla gente un punto di riferimento. La musica lontana di una vecchia fisarmonica, ovattata dalla brezza primaverile, formava parte della scenografia di quella domenica luminosa. Anche il cupo russare delle onde che si frantumavano fra le rocce laggiù contribuiva alla creazione di quell’atmosfera particolare. Tutti quei rumori, quelle risate, quelle urla di bambini che si rincorrevano, formavano paradossalmente un silenzio perfetto sotto quel cielo senza nuvole, di un azzurro trasparente, rotto appena da qualche gabbiano bianco che planava, giocando solitario, nelle correnti d’aria.
Accompagnando quest’armonia perfetta, i gruppetti si erano dispersi qua e là fra le ondulazioni del terreno, vicini alle tovaglie colorate, rosse, celesti, a quadri, dispiegate sull’erba verde smeraldo mettendo in bella mostra l’arte culinaria locale. Lontani dal burrone che cadeva a picco sul mare, alcuni giocavano a pallone muovendosi al rallentatore sotto il tiepido sole verticale. Altri, seduti o coricati per terra, chiacchieravano pigramente mentre mangiavano panini o bevevano lentamente il vino che portava loro il sapore della propria terra.
Repentinamente la musica, i rumori e le risate lontane cessarono; qualcosa era accaduto nella sagra. “Guardate, guardate!”, urlò un bambino nei prati, alzando il dito verso la collina. E tutti videro una cosa rotonda, enorme, di un arancione furioso, che si alzava lentamente verso il cielo come un sole. La mongolfiera, dal centro della festa, volava verso il mare. Dentro il cestone, un anziano ed un bambino facevano gesti disperati. “Si è sciolto l’ormeggio, si è sciolto l’ormeggio!”, gridava il vecchio con voce rauca, rotta dalla paura. Il bambino invece piangeva senza rumore e senza lacrime, con gli occhi spalancati ed il viso bianco. Dietro, la rincorrevano uomini e bambini urlando e tentando di afferrare due corde che pendevano dal cesto. Inciampavano nel terreno ondulato e non riuscivano proprio a prenderle. Era evidente che la mongolfiera prendeva la rotta verso l’oceano e che restava poco tempo –la scogliera era il limite preciso- per salvare gli sfortunati occupanti.
Due uomini si separarono dai gruppetti che sostavano nei prati, e cominciarono ad incitare i giovani ad unirsi alla caccia. “Andate, andate. Andate voi che siete giovani e numerosi. Prendete quelle corde!”. Gesticolavano, urlavano, a braccia aperte tentavano di organizzare il recupero. “Tutti insieme, tutti insieme! Che il vostro peso la farà arrestare!”. Nel centro del campo, quei due spingevano, chiamavano e organizzavano i movimenti. “Giovanni, vai di là! Veloce, veloce! Tu, Luigi, salta adesso! Adesso, ho detto! Vai ora!!!” I giovani saltando, correndo, a poco a poco, prendevano le funi e si arrampicavano per far posto agli altri. Ma non erano sufficienti, dovevano essere in più ad appendersi. Il loro peso, sebbene avesse rallentato la corsa verso il burrone, non la fermava del tutto e qualche volta una raffica traditrice spingeva verso l’alto la mongolfiera con tutta la sua carica umana. Qualche ondulazione del terreno, un piccolo monticello di terra, permetteva che qualcun altro raggiungesse una corda e si unisse allo sforzo comune.
Una decina di ragazzi appesi alle funi formava un grappolo umano che faceva inutilmente forza per far toccare terra a quel pallone immenso. La mongolfiera sembrò arrestare la sua marcia verso il nulla e a poco a poco, molto lentamente, cominciò a scendere. Mancavano appena una cinquantina di metri per arrivare al bordo della scogliera. Un padre, spaventato dal pericolo imminente, urlò a suo figlio: “Giorgio, molla! Molla, per Bacco! Che ti perdi!” E Giorgio mollò, trascinando nella caduta un altro compagno. Caddero rotolando per terra mentre la mongolfiera, dando uno strattone, salì per qualche metro. Le donne nascosero il viso nei petti degli uomini, le mamme e le fidanzate cominciarono a gesticolare e ad imprecare. Un altro ragazzo fece un calcolo veloce dell’altezza e della distanza che mancava e, senza pensarci troppo, aprì le mani e si lasciò cadere. Il vecchio dentro il cesto, disperatamente implorava: “Non mollate, non mollate! Venite tutti, per favore. Venite, venite! Venite tutti! In nome del bambino, venite!” Ma di tutti quelli che guardavano l’evento, nessuno fece un passo in avanti, nessuno fece un gesto. Pietrificati sui prati verdi, illuminati dal sole primaverile, guardavano lo spettacolo meraviglioso di quella sfera arancione sullo sfondo celeste, dove le persone coinvolte sembravano dei burattini che si muovevano come comparse di un teatrino di provincia, recitando qualche tragedia d’antica memoria.
Qualche metro più in là si apriva il punto di non ritorno. Qualcuno avrà calcolato l’inutilità dello sforzo, qualcuno avrà avuto paura, qualcuno non avrà avuto la forza necessaria nelle mani per resistere al proprio peso, perché uno ad uno cominciarono a mollare la presa saltando a terra. La mongolfiera diede un balzo e si alzò con una certa velocità. Soltanto un giovane restò aggrappato alla fune tentando di salire verso il canestro. Fu evidente che voleva arrivare lassù per dare una mano. Non mollava ed urlava imprecazioni contro quelli di sotto “Disgraziati! Vigliacchi! Avvertite la guardia costiera. Correte!” Guardava in alto e con voce tenera diceva al vecchio ed al bambino: “State tranquilli. Arrivo e sgonfieremo il pallone. Già verranno a salvarci. State tranquilli”. La mongolfiera attraversò il limite della scogliera e come se ricevesse nuova vita, si alzò parecchio facendosi piccola nel firmamento, ormai in un viaggio senza ritorno.
Dai prati nessuno si era mosso. Guardando in alto, seguivano le peripezie di quell’oggetto strano alla natura umana che vinceva la forza di gravità. Dopo qualche minuto videro che il ragazzo non ce la faceva a salire. Gli sforzi del vecchio per issarlo furono insufficienti ed era rimasto fermo a metà strada. Da terra lo vedevano come un puntino nero sopra l’orizzonte. “Non ce la farà mai” disse qualcuno. “Ma che scemo. Doveva mollare quando era ancora in tempo” disse un altro. Tutto il paese guardava aspettando la fine che si prevedeva vicina.
Ad un tratto, quel puntino nero cominciò a muoversi stranamente. Lo si vedeva come un moscerino che si dibatteva in una ragnatela. Per un attimo restò immobile nell’aria, poi cadde verticalmente e scomparve nel mare. Le persone restarono ancora qualche minuto a vedere la mongolfiera scomparire nell’infinito; qualcuno restò tentando d’intravedere vicino all’orizzonte la macchia arancione.
Nelle bancarelle della sagra, immersi in quella luce fantasma che costruiscono certi tramonti magici, tra un bicchiere ed un altro, coi volti cupi, non c’era persona che non parlasse dell’accaduto. La vecchia fisarmonica suonava quasi a malavoglia antichi brani usurati dal tempo. Nel centro della piazza si alzava ancora, come una sacra rovina, la piattaforma deserta della mongolfiera. Una ragazza, seduta a cavalcioni su una panca di legno, rimproverava un suo amico: “Perché hai mollato? Se tutti fossero stati uniti, il loro peso avrebbe arrestato la corsa del pallone. Forse si sarebbero salvati. In questo paese sono tutti dei codardi”. Il ragazzo era imbarazzato e discuteva facendo grandi gesti con le braccia: “Tu non sei stata lassù. Non puoi venire a dirmi questo. Ho visto il bordo così vicino che mi sono reso conto che non c’era niente da fare. Per questo ho mollato. Inoltre, se il gruppo non aiuta, non ha molto senso continuare. Non ti pare?”--rispose il ragazzo. Un terzo, un po’ in disparte dopo qualche minuto si allontanò da loro con evidente disgusto. Un uomo gli domandò cosa succedesse e lui rispose: “Che ne so! E’ come impazzita. Ce l’ha con tutti noi. Dice che siamo rimasti solo a guardare. Mi ha dato del vigliacco. Era troppo pericoloso, no?. Si capiva subito che sarebbe stato uno sforzo inutile. Non sono mica scemo io. Vedi com’è andata a finire”.
“Anch’io sono rimasto a guardare” --disse allora l’uomo. “Dai, vieni, son cose che succedono; non dare troppa importanza. Lei è una che giudica senza tener conto che tutti noi abbiamo dei limiti. E forse è vero che i nostri sono troppo stretti, chi lo può dire? Ognuno di noi sa quanto può tenere per sé e quanto può dare agli altri”. Dopo qualche secondo, con un sospiro, aggiunse: “Già le passerà; tra poco dimenticherà. Come tutti noi, del resto… E se non lo farà, resterà sola a difendere cause perse”.
Como reconocer un Neardenthal
Demàs està decir que ninguno lo aceptò en familia y asì quedò, como un triste espantapàjaros que asusta a los colegiales desde una vitrina con su imagen de mono adomesticado.
Hoy, sus descendientes directos o sus mestizos, caminan los muelles hombreando cargas para los buques de banderas exòticas. O estàn a la sombra de algùn gran àrbol cuidando la majada de cabras en una llanura infinita. En las grandes ciudades, sus hijos abren las puertas de los taxis en las estaciones para ganarse las monedas de propina o se amontonan en talleres malolientes trabajando duramente una jornada por un plato de sopa de verduras.
Quien va al museo y ve esa caricactura no sabe que fue encontrado un esqueleto entero sentado en posiciòn de meditaciòn. Como si la muerte lo hubiera sorprendido en èxtasis. ¿Què mariposa lo envolviò en su maravilla multicolor para que ese hombre se olvidara de comer ? ¿Què alturas alcanzò con sus ensoñaciones? ¿Habrà intuìdo el rotar de la Tierra? ¿Què comunicaciòn tenìa con la abstracciòn màs absoluta ?
Tenìa los dedos cerrados delicadamente como si hubieran sostenido una flor. Y hoy, esas òrbitas vacìas y enormes, enmarcadas por los arcos superciliares espesos, nos miran con una profunda tristeza, como reprochàndonos de todo este tiempo desperdiciado y en el cual no hemos aprendido nada.
Otros restos fueron encontrados en un valle no muy lejano del primero. Los huesos estaban colocados en pilitas pulcras y ordenadas, como quien, despuès de haber comido, prolijamente acomoda las sobras en el plato. Presentaban las raspaduras tìpicas de dientes que habìan roìdo las carnes hasta la raiz. Dientes de otra especie habìan producido esas cicatrices casi iguales a las que presentan hoy los heridos leves en accidentes de trabajo.
Los paleontòlogos aseguran que el Neardenthal caminaba encorvado, con la cabeza casi sin cuello enterrada entre las espaldas robustas, la vista ocupada en identificar el sustento en los senderos que transitaba. Dicen que era recolector y que cazaba en pocas ocasiones, ocupando todo su tiempo en diferenciar lo comestible de lo desechable. Hoy, los estudiosos, cuando hacen una pausa para el cafè y miran el mundo a travès de los ventanales, creen reconocerlos en los que retornan a sus casas agobiados por un dìa duro de trabajo o en aquellos otros seres de mirada perdida que deambulan con las espaldas vencidas porque, buscàndolo no lo encontraron. Los cientìficos, ensimismados en la interpretaciòn de algùn rasgo identificable en esos huesos antiguos, no prestan atenciòn a sus descendientes que repiten el arcaico oficio de recolector especializado buceando dentro de los tachos de desperdicios que se acumulan en los patios traseros de los restaurantes.
Los hombres de ciencia prefieren ponerle un garrote en una mano para establecer un icono perfecto que calce en la escala de la evoluciòn. Hacia atràs se llega al mono; hacia adelante se va hacia el hombre blanco moderno, todo rubio, apuesto, esbelto y bien peinado. El Neardenthal ya no puede protestar. Ni dar pruebas de sus conocimientos tècnicos. Fue el primer descubridor del fuego y desarrollò intuitivamente la tecnologìa para mantenerlo. No quiso fabricar armas para matar pues lo que encontraba a la mano le bastaba. Pero conociò el girar de las estrellas y los llamados de amor de los animales. Fue el primero en describir los sentimientos màs profundos del ser humano, el primero en dar nombre a la felicidad, al amor y al dolor. Y fue tambièn el primero en sospechar que existìa un màs allà despuès de la muerte; en tener conciencia de la pequeñez humana frente a la maravilla del Universo. Reconociò en sì la religiosidad y la espiritualidad que esa comportaba y se adecuò a la naturaleza como parte integrante y no dominante. Amò a su familia y cuidò de sus hijos, interpretò sus sueños como un paseo por mundos paralelos que le revelaban verdades sobre su existencia. Sintiò y diò nombre a su soledad; tuvo miedos y alegrìas en los cuales pudo encontrar su identidad. Fue el primero en poder decir "aquì estoy, aquì me quedo" y extrañar las ocas cuando emigraban y alegrarse a cada retorno de las cigueñas, justo en la estaciòn en la cual nacìan sus hijos.
Caminaba mirando el suelo, sì. Tal vez buscando el sustento cotidiano, pero tambièn absorto en preguntas a las cuales no encontraba aùn las respuestas adecuadas. Quizàs hayan acertado los doctores con ese aspecto que le dieron, pero cuànta humanidad inocente iluminaba su grande mirada ! Què caricias enormes habrìan dado aquellas manos descomunales ! Cuànto amor habrìa desencadenado en uno de sus abrazos !
27 settembre 2008
Come un'impronta
Non c’è verso, ho un sacco d’acciacchi. Grande sforzo mi è costato alzarmi di buon ora, vestirmi ed andare a rappresentare di nuovo le NONNE DI PIAZZA DI MAGGIO nel IVº Convegno che si è tenuto a Zugliano (UD) col titolo “Territorio e Vita”.
Terzo tavolo. Analisi sui temi scottanti: Terrorismo di Stato, Difesa di Diritti Umani, strategie di resistenza. Quaranta persone di tutto il mondo, anche dagli Stati Uniti (pensa tu!) che si sono prodigate nel raccontare le violazioni dei diritti umani subite dai loro popoli. Situazioni di estrema durezza che hanno subito confermato il piano imperiale che ormai tutti conosciamo: l’appropriazione ed il controllo del mondo. E che uno degli ostacoli per riuscirci è che ci sono troppi esseri umani su questo pianeta. L’impero è convinto che avanzino due miliardi di persone e che vanno ammazzate o fate scomparire al più presto possibile. Non importa il modo. Repressione, tortura e massacri, distruzione del territorio, emarginazione continua e permanente, negazione dei diritti alla salute ed all’alimentazione, promozione e stimolo di guerre fratricide, disinformazione e manipolazioni religiose sono i metodi usati. Le testimonianze che hanno apportato i compagni dell’Irak, dell’Afganistan, della Repubblica del Congo, del Messico, della Colombia, dell’Argentina, della Palestina…ma anche degli Stati Uniti, di Israele, della Spagna e della nostra stessa Italia ce li hanno illustrati profusamente.
Ci complicano la vita. Non solo materialmente. Il fatto che tutte queste violazioni vengono fatte con discorsi fuorvianti o nascondendole direttamente, fa sí che si debbano analizzare i casi, trovare le spiegazioni, ed individuare le crepe e le fessure del sistema che ci permettano di capire dove ci stano portando. Qui siamo noi a fare i discorsi “complicati”, per intendere la “complessità” in cui ci troviamo, per trovare vie di uscite, per creare reti di solidarietà e per chiedere aiuto. Cose per niente “semplici”. Fondamentalmente perché non sono uguali le violenze esercitate contro la popolazione congolese che quelle fatte subire ai palestinesi od ai colombiani. Non sono uguali i piani di massacro attuati in Irak od Afganistan che a Cuba od a Haitì. Ma se guardiamo in profondità troviamo un filo conduttore che può portarci a “semplificare” il quadro.
Per prima cosa dobbiamo identificare perfettamente il nemico. Non dobbiamo lasciarci confondere dalle apparenze: Gli Stati Uniti non sono un’altra cosa che un Paese appropriato da un’oligarchia che ora si identifica con quel nome…dello stesso modo che “l’Europa” identifica i vecchi imperi colonialisti. Quest’oligarchie mondiali sempre sono stati “loro”…e “noi” sempre siamo stati noi. Allora il conflitto è tra “loro” e “noi”. “Loro” vogliono distruggerci e “noi” vogliamo vivere. “Loro” voglio appropriarsi del mondo, e “noi” consideriamo il mondo nostra casa. “Loro” non hanno nessun diritto naturale; tutti i diritti che vantano ed esibiscono, incluso il diritto alla proprietà privata, sono sempre diritti basati in leggi redatte da “loro” e senza fondamenti naturali. “Noi” possiamo esibire e vantare sempre diritti naturali inalienabili ed imprescrittibili. Così di “semplice”.
Una seconda cosa che dobbiamo fare è quella di toglierci di dosso il fardello dell’ideologia. “Loro” hanno una sola ideologia: perpetuarsi nel potere per far guadagni con qualsiasi cosa. “Noi” ci siamo finora “complicato” la vita tentando di scoprire un sistema alternativo al capitalismo. E ci siamo complicati ancora di più quando l’abbiamo identificato ma ci siamo resi conto che c’erano un migliaio di sfumature. Allora sono sorte lotte interne, “complicazioni” da non finire, per spiegarci qual sistema era meglio di un altro. Il risultato fu la paralisi totale o la confusione o l’agire senza consensi. Tutti atti che si sono rivoltati contro di “noi” come un boomerang. Molte volte ci siamo ammazzati tra di noi solo per contare le uova nel paniere prima che il paniere fosse costruito o che nascesse la gallina che li ponesse. Basta! “Noi” vogliamo vivere in pace, “loro” non ci lasciano in pace. Allora prima dobbiamo toglierci di dosso “loro” e poi vedremo tra di “noi” cosa faremo. Se ci rispetteremo a vicenda e non copieremo il sistema che “loro” ci hanno imposto anche culturalmente, ce la faremo.
È vero che “loro” hanno le armi, i mezzi di comunicazione di massa e ci hanno colonizzato culturalmente da un bel po’, ma anche “noi” abbiamo anche le nostre armi. Possiamo resisterci ad entrare nel mercato, possiamo usare mezzi di comunicazione alternativi, ma fondamentalmente abbiamo la forza di vivere. E nessun popolo, storicamente, si è suicidato. Abbiamo anche il tempo. Il tempo è nostro miglior alleato. "Loro" vogliono tutto ora, "noi" lottiamo e resistiamo pensando alle future generazioni.
E la terza cosa che dobbiamo fare è non rinchiuderci in slogans o idee che riproducono luoghi comuni. Dobbiamo essere creativi ma anche accettare tutte le possibilità di lotta e resistenza. Non possiamo aver paura ad accettare la lotta armata come un possibile metodo in un preciso momento storico. Non è possibile sempre porgere l’altra guancia, specialmente quando “loro” ci hanno distrutto il volto. Dobbiamo capire che chi prende le armi in pugno per resistere sta dando la propria vita in dono per gli altri. Dobbiamo renderci conto che tutto serve, qualsiasi forma di resistenza sempre sarà un segno che indicherà che “noi” siamo vivi e vogliamo continuare a vivere. Che non ci arrendiamo. Non possiamo più discutere tra di noi per vedere chi ce l’ha più lunga o piscia più lontano…è un infantilismo che finora ci ha portato al fallimento. “Loro” se la ridono mentre “noi” giochiamo come bambini. Unione dev’essere la parola d’ordine. Non possiamo più dividerci in “noi”, “voi” e “gli altri”. O siamo tutti “noi”, oppure “loro” vinceranno sempre. Così di “semplice”.
E poi, la quarta cosa a tener in conto è quella di usare la Giustizia. Dobbiamo rivindicarla come un diritto umano fondamentale. E "loro" temono la Giustizia. "Noi" sempre abbiamo cercato la giustizia, "loro" sempre hanno agito come delinquenti. Con la Giustizia possiamo vincere. Senza Giustizia non c'è futuro.
Gila médico
Otra vez quedé cansado con todas las miserias de este mundo. Especialmente lo escuchado sobre la vida cotidiana en la República del Congo.
Así, llamo a Gila y le pido que se ponga.
(hacer click aqui, en la imagen o en el título para ver el video)
25 settembre 2008
Il ritorno del Principe
Presentazione del libro "Il ritorno del Principe" di Roberto Scarpinato e Saveri Lodato.
Opinioni e commenti di Paolo Ricca, Andrea Purgatori, Paolo Flores d'Arcais e Marco Travaglio.
Da non perdere.
(fare click sull'immagine o qui per vedere il video)
Colpire uno per educare cento
Il mondo facile della politica format
di MICHELE SERRA
La campagna per il ritorno alla maestra unica, al di là dei propositi contingenti di "risparmio", aiuta a riflettere in maniera esemplare sulle ragioni profonde delle fortune politiche della destra di governo, e sulle sue altrettanto profonde intenzioni strategiche. Sono intenzioni di "semplificazione". Se la parola-totem della sinistra, da molti anni a questa parte, è "complessità", a costo di far discendere da complesse analisi e complessi ragionamenti sbocchi politici oscuri e paralizzanti, comunque poco intelligibili dall'uomo della strada, quella della destra (vincente) è semplicità.
La pedagogia e la didattica, così come sono andate evolvendosi nell'ultimo mezzo secolo, sono avvertite come discipline "di sinistra" non tanto e non solo per il tentativo di sostituire alla semplificazione autoritaria orientamenti più aperti, e a rischio di permissivismo "sessantottesco". Sono considerate di sinistra perché complicano l'atteggiamento educativo, aggiungono scrupoli culturali ed esitazioni psicologiche, si avvitano attorno alla collosa (e odiatissima) materia della correttezza politica, esprimono un'idea di società iper-garantita e per ciò stesso di ardua gestione, e in buona sostanza attentano al desiderio di tranquillità e di certezze di un corpo sociale disorientato e ansioso, pronto ad applaudire con convinzione qualunque demiurgo, anche settoriale, armato di scure.
In questo senso la proposta Gelmini è quasi geniale. L'idea-forza, quella che arriva a una pubblica opinione sempre più tentata da modi bruschi, però semplificatori, è che gli arzigogoli "pedagogici", per giunta zavorrati da pretese sindacali, siano un lusso che la società non può più permettersi. Il vero "taglio", a ben vedere, non è quello di un personale docente comunque candidato - una volta liquidati i piloti, o i fannulloni, i sindacalisti o altri - al ruolo di ennesimo capro espiatorio. Il vero taglio è quello, gordiano, del nodo culturale.
La nostalgia (molto diffusa) della maestra unica è la nostalgia di un'età dell'oro (irreale, ma seducente) nella quale la nefasta "complessità" non era ancora stata sdoganata da intellettuali, pedagogisti, psicologi, preti inquieti, agitatori politici e cercatori a vario titolo del pelo nell'uovo. Una società nella quale il principio autoritario era molto aiutato da una percezione dell'ordine di facile applicazione, nella quale il somaro era il somaro, l'operaio l'operaio e il dottore dottore. Una società che non prevedeva don Milani, non Mario Lodi, non Basaglia, ovviamente non il Sessantotto, e dunque, nella ricostruzione molto ideologica che se ne fa oggi a destra, è semplicemente caduta vittima di un agguato "comunista".
In questo schemino, semplice ed efficace, la cultura e la politica, a qualunque titolo, non sono visti come interpreti dei conflitti, ma come provocatori degli stessi. Se la pedagogia "permissiva" esiste, non è perché il disagio di parecchi bambini o la legnosità e l'inadeguatezza delle vecchia didattica richiedevano (già quarant'anni fa) di essere individuati e affrontati, ma perché quello stesso problema è stato "creato" da un ceto intellettuale e politico malevolmente orientato alla distruzione della buona vecchia scuola di una volta. Insomma, se la politica è diventata un format, come ha scritto Edmondo Berselli, la sua parola d'ordine è "semplificazione".
Per questa destra popolare, e per il vasto e agguerrito blocco sociale che esprime, la complicazione è un vizio "borghese" (da professori, da intellettualoidi, beninteso da radical-chic, e poco conta che il personale scolastico sia tra i più proletarizzati d'Italia) che non possiamo più permetterci, e al quale abbiamo fatto malissimo a cedere. Non solo la pedagogia, anche la psicologia, la sociologia, la psichiatria, nella vulgata oggi egemone, non rappresentano più uno strumento di analisi della realtà, quanto la volontà di disturbo di manipolatori, di rematori contro, di attizzatori di fuochi sociali che una bella secchiata d'acqua, come quella della maestra unica, può finalmente spegnere. La lettura quotidiana della stampa di destra - specialmente Libero, da questo punto di vista paradigma assoluto dell'opinione pubblica filo-governativa - dimostra che il trionfo del pensiero sbrigativo, per meglio affermarsi, necessita di un disprezzo uguale e contrario per il pensiero "complicato", per la massa indistinta di filosofemi e sociologismi dei quali i nuovi italiani "liberi" si considerano vittime non più disponibili, per il latinorum castale di politici e intellettuali libreschi, barbogi, causidici, che usano la cultura (e il ricatto della complessità) come un sonnifero per tenere a freno le fresche energie "popolari" di chi ne ha le scatole piene dei dubbi, delle esitazioni, della lagna sociale sugli immigrati e gli zingari, sui bambini in difficoltà, su chiunque attardi e appesantisca il quotidiano disbrigo delle dure faccende quotidiane. Già troppo dure, in sé, per potersi permettere le "menate" della sinistra sull'accoglienza o il tempo pieno o i diritti dei gay o altre fesserie.
La sinistra ha molto di che riflettere: la formazione culturale e perfino esistenziale del suo personale umano (elettorato compreso) è avvenuta nel culto quasi sacrale della "complessità" del mondo e della società, con la cultura eletta a strumento insostituibile di comprensione anche a rischio di "complicare la complicazione"... Ma non c'è dubbio che tra il rispetto della complessità e il narcisismo dello smarrimento, il passo è così breve che è stato ampiamente fatto: nessuna legge obbliga un intellettuale o un politico a innamorarsi dell'analisi al punto di non rischiare mai una sintesi, né la semplificazione è una bestemmia (al contrario: proprio da chi ha molto studiato e molto riflettuto, ci si aspetterebbe a volte una conclusione che sia "facile", non perché rozza o superficiale, ma perché intelligente e comprensibile).
Ma la posta in gioco è molto più importante del solo destino della sinistra. La posta in gioco - semplificando, appunto - è il destino della cultura, degli strumenti critici che rischiano di diventare insopportabili impicci. Se questa destra continuerà a vincere, a parte il marketing non si vede quale delle discipline sociali possa sperare di riacquistare prestigio, e una diffusione non solo castale o accademica. Perché è molto, molto più facile pensare che l'umanità e la Terra siano stati creati da Dio settemila anni fa (cosa della quale è convinta ad esempio la popolarissima Sarah Palin) piuttosto che perdere tempo e quattrini studiando i fossili e l'evoluzione. È molto più rassicurante, convincente e consolante pensare che le buone maestre di una volta, con l'ausilio del cinque in condotta e di una mitraglia di bocciature, possano mantenere l'ordine e "educare" meglio i bambini ipercinetici, e consumatori bulimici, che la televisione crea e che la propaganda di destra ora lascia intendere di poter distruggere, perché è meglio avere consumatori docili (clienti, come dice Pennac) piuttosto che cittadini irrequieti.
È meglio avere certezze che problemi. È molto più semplice pensare che il mondo sia semplice, non fosse che per una circostanza incresciosa per tutti: che non lo è. Il mondo è complicato, l'umanità pure, i bambini non parliamone neanche. Se le persone convinte di questo obbligatorio, salutare riconoscimento della complicazione non trovano la maniera di renderla "popolare", di spiegarla meglio, di proporne una credibile possibilità di governo, di discernimento dei principi, dei diritti, dei bisogni fondamentali, diciamo pure della democrazia, vedremo nei prossimi decenni il progressivo trionfo dei semplificatori insofferenti, dei Brunetta, delle Gelmini, delle Palin. Poi la realtà, come è ovvio, presenterà i suoi conti, sprofondando i semplificatori nella stessa melma in cui oggi si dibattono i poveri complicatori di minoranza. Nel frattempo, però, bisognerebbe darsi da fare, per sopravvivere con qualche dignità nell'Era della Semplificazione, limitandone il più possibile i danni, se non per noi per i nostri figli che rischiano di credere davvero, alla lunga, al mito reazionario dei bei tempi andati, quando la scuola sfornava Bravi Italiani, gli aerei volavano senza patemi, gli intellettuali non rompevano troppo le scatole e la cultura partiva dalla bella calligrafia e arrivava (in perfetto orario) alla più disciplinata delle rassegnazioni. Cioè al suo esatto contrario.
24 settembre 2008
Tribus actuales
TRIBU: Grupo humano que utiliza símbolos y cánones para vestir, hablar y comportarse que lo distingue de otros grupos humanos. Por ejemplo, un hotentote del Africa se pela la cabeza, se pinta la cara de rojo y se embadurna de grasa de vaca para diferenciarse de otros grupos africanos, pero especialmente de los zulú que se pintan la cara de blanco, usan bigotito y barbetta y arrastran un escudo enorme hecho con piel de cebra. También, para diferenciarse, los hotentotes se quedan pequeños, casi a un metro cincuenta, mientras los zulú son altos de casi dos metros. Si no fuera por el color con que se pintan la cara, --ellos creen--, nadie distinguiría un hotentote de un zulú.
EMO
De igual forma, para ser 'Emo' es necesario ser alto. Si es bajo de estatura, deberá usar plataformas para verse alto.
Los 'Emo' viven en constante depresión debido a que según ellos, el mundo es miserable y denigrante.
Sus habitaciones suelen tener poca luz, cubrelechos de un solo color y cama sencilla y dura, de esta forma, al levantarse cada mañana recordarán lo miserable de su existencia y permanecerán en un estado de depresión todo el día.
Los 'Emo' no creen en religiones ni en dioses.
Sus símbolos son: calaveras, corazones rotos y estrellas rosadas
Las parejas sentimentales deben ser también 'Emo'. Deben compartir su dolor en todo momento. Si el 'Emo novio' está llorando, la 'Emo novia' debe llorar también. Los dos se cortarán la piel con cuchillas al mismo tiempo, se vestirán igual al punto de no saber quién es el hombre y quién la mujer. El 'Emo novio' deberá regalarle a su 'Emo novia' un Cd de su música preferida en el cumpleaños.
FLOGGER
Se conoce como Flogger a una moda adolescente originaria de Argentina, que está estrechamente relacionada con Fotolog.com, un sitio web donde se suben fotos y donde los usuarios pueden comentar en ellas. Surgida del estilo glam, se ha vuelto muy popular entre los jóvenes, para convertirse en casi un hábito o forma de vida.
CUMBIO
"Cumbio", la flogger argentina estrella
Se trata de Agustina Vivero, alias "Cumbio", una adolescente de 17 años, cuyo fotolog se ha convertido en el más popular del país. Ya generó varios clubes de fans y decenas de blogs y flogs a su favor y en contra.
El mundo de los blogs y fotologs tiene una estrella local, cuyo éxito es indescifrable para la may0ría de los mortales, ya que no muestra sus sensuales curvas, ni tampoco tiene una voz de angel. Se trata de Agustina Vivero, alias "Cumbio", una adolescente de 17 años, cuyo fotolog se ha convertido en el más popular del país.
Tal es su poder de convocatoria que cuando en junio pasado organizó e invitó a través de internet a la primera fiesta flogger, reunió nada menos que a 5.000 personas que se distribuyeron en los boliches Ku y Abadía, en Buenos Aires.
La adolescente también logró que muchos floggers abandonen su anonimato detrás de la computadora y pasen al mundo de los encuentros reales, en vivo y en directo. Desde enero, coordina reuniones todos los miércoles en el Shopping del Abasto, en Capital Federal.
LA chica le contó al diario Crítica como nació su apodo. "Iba a un colegio con orientación musical, especialmente rock y pop. Pero a mí siempre me gustó la cumbia. Una amiga deformó el nombre y me quedó Cumbio", contó.
CHETO
Ser cheto,--o pertenecer al "chetaje"--, significa vivir rodeado de otros chetos, en barrios chetos, comprar en negocios chetos ropa de moda y fundamentalmente firmada (con la firma bien a la vista); significa también hablar de un cierto modo, pronunciando las "S" como si fuera una "SH", haciendo salir las palabras casi desde la nariz. Ser cheto es ser rubio o casi, pero siempre de corte europeo; debe ser un fan de los EEUU o Europa y pensar que el país donde vive sirve solamente para ganar guita. Los componentes de otras tribus serán siempre menospreciadas por un cheto, que se cree siempre el dueño de la verdad. No opina si no es por medio de las frases hechas de los periodistas televisivos del momento y siempre que manejen un lenguaje de derecha. En definitiva es un nazifascita bastante berreta, vendepatria y cholulo.
Dicese de la persona adinerada, platuda, nariz parada, creido, culo roto, puto adinerado, que usa su dinero ganado sospechosamente para irritar, delirar, humillar y/o denigrar a personas con menos alcance economico con el fin de brindar y/o brindarse satisfaccion por la accion concebida.
Dark
La subcultura (o cultura underground) gótica es un movimiento subcultural existente en varios países. Empezó en el Reino Unido entre finales de los ’70 y mediados de los ’80, en la escena del Rock gótico, una derivación del Post-Punk. Su estética e inclinaciones culturales provienen principalmente de las influencias de la literatura de terror, las películas de horror, y en menor medida, de la cultura BDSM.
La subcultura gótica comparte gustos estéticos, musicales y culturales en común. A pesar de que la música gótica abarca varios subgéneros y estilos, todos estos comparten una tendencia hacia una apariencia y un sonido “dark” u “oscuro”. Los estilos de vestimenta dentro de la subcultura toman influencias del death rock, el punk, el estilo andrógino, y hasta el estilo de vestimenta del Renacimiento; sin embargo, los góticos tienen una estética propia, que se centra en el color negro: trajes negros, maquillaje para resaltar palidez en el rostro y hasta lápiz labial de color rojo (en su defecto negro) aplicado atropelladamente en los labios. Es importante aclarar, sin embargo, que no todo aquel que se viste de acuerdo al estilo gótico es considerado gótico por los miembros de la subcultura. De la misma manera, no todos los góticos visten de negro ni tampoco siguen siempre el estilo.
Hip-hopper
El hip hop es un movimiento artístico y cultural que surgió finales de los años 1970 en las comunidades hispanoamericanas y afroamericanas de barrios pobres neoyorquinos (Bronx, Queens y Brooklyn) donde desde el principio destacaron como manifestaciones características la música (funk, rap, Blues, DJing), el baile (hustle, uprocking, lindy hop, popping, locking) y la pintura (aerosol, bombing, murals, political graffiti).
Tortura in caserma - alla Pinochet
Pierluigi Sullo
Carta - [9 Settembre 2008]
Non dovrebbe essere difficile, per il comando dell’Arma dei carabinieri, individuare i militari che nella caserma di Bussolengo, in provincia di Verona, hanno sottoposto alcune persone, minorenni compresi, a maltrattamenti, botte, tortura [la testa in un secchio d’acqua] e minacce di violenza sessuale su un ragazzo di sedici anni.
23 settembre 2008
Siempre Gila
21 settembre 2008
El laberinto argentino
El laberinto argentino
El espacio constituido por centenares de intelectuales, artistas y académicos plantea en su cuarto documento su mirada sobre la coyuntura política nacional, tal como quedó planteada tras el golpe recibido por el gobierno en su choque con el “complejo agromediático”. Aerolíneas, el pago al Club de París, actualización jubilatoria, políticas de medios y culturales en el centro del debate.
Corren tiempos en que es posible percibir que en materia política hay una excepcionalidad. Excepcionalidad que a pesar de todo se mantiene. El gobierno había surgido de una fuerte fisura en el sistema de representación y no venía –no debía venir– a restaurarla meramente. Tenía conciencia de que vendría un tiempo original y lo recorrió con entusiasmo y vivaz espontaneidad. Avanzó por ciertos caminos inesperados, no esgrimió doctrinas revolucionarias –ni casi ninguna otra–, pero mostró un rumbo propicio a una renovación de la vida colectiva. Quería significar que había llegado el momento de revisar las históricas falencias de una democracia carente de condiciones para cuestionar la injusticia social. La larga promesa de una democracia que se mire en el espejo de la justicia social sigue siendo el horizonte de nuestra época. Nada puede ser interpretado al margen de esta llamada genuina.
Medido en el ambiente histórico de este reclamo, el gobierno no ahorró audacias en ciertos temas y se mostró rutinariamente conservador en otros. Y aunque abundan las recaídas anodinas, no necesariamente justificadas por el recio embate de las neoderechas que ha recibido y el que acaba de recibir del complejo agromediático, no dejó de invocar sobre la marcha una cuota significativa de espíritu militante. Esta fuerza se mantiene, aunque en parte haya sido sofocada y en parte esté amenazada por trivialidades de ocasión. Continúa así el impulso reivindicativo ante los escollos presentes que hay que atravesar, y que debe ser empalmado con el compromiso con las generaciones del pasado que, en la memoria, siguen alentando esta tarea. (continua)
30.000 sagome - 30.000 siluetas
19 settembre 2008
Senza vaselina, no
Nella stessa riunione, alla stessa ora, il rappresentante dei piloti dell'INPAV, invece si è trovato davanti un contratto di lavoro già firmato da Cils e Uil. "È la prima volta che vedo questo", protesta. La risposta di Bonanni è stata: "Ma sí, abbiamo già tirato le prime cifre per agevolare la trattativa. Dai firma, che va tutto bene". Questi sono i personaggi che rappresentano gli interessi dei lavoratori.
CGIL: «Abbiamo firmato per il personale di terra» che rappresentano «il 51% dei lavoratori» mentre non è stato così per il personale di volo e «non possiamo firmare un accordo separato se rappresentiamo meno della metà dei lavoratori». E poi sarebbe stato «inimmaginabile» tentare il rilancio di Alitalia «senza la professionalità dei piloti e degli assistenti volo, che è fondamentale». E comunque, «fare uno scaricabarile di responsabilità, non è degno di un Paese civile». È il giorno di Guglielmo Epifani, il segretario della Cgil che mercoledì ha coraggiosamente scelto di non firmare l’accordo con la Cai. E segnato una rottura tra i sindacati confederali destinata a rimanere negli annali.
Non che la Cgil si sia tirata indietro dal tavolo senza fare proposte. Insieme ai sindacati autonomi del personale di volo, Epifani aveva presentato la sua controproposta attorno alle 13 e trenta, due ore prima della scadenza dell’ultimatum. Ma che fosse “colpa della Cgil” ormai era la versione che circolava addirittura dal giorno prima. A metterla in giro, Silvio Berlusconi. Che giovedì, quando la Cai ha annunciato il ritiro dell’offerta, c’è andato giù pesante con il sindacato.
Forse era meglio aver venduto l'Alitalia ad Air France in Aprile. Air France comprava Alitalia e si faceva carico dei debiti e gli esuberi erano appena 1.500. Ora con gli "imprenditori italiani", i debiti restano allo Stato, ossia noi, e gli esuberi si calcolano in 3.500 persone.
La CAI chiede ancora ai lavoratori rimanenti una riduzione del salario, maggiore produttività, aumentare le ore lavorative e niente vertenze per due anni. Quasi niente. Ora gli stipendi sono 20-30% meno di quelli che prendono in Air France od in Iberia.
In realtà, la trattativa era partita male sin dall’inizio. «Non si era mai vista prima – ricordava mercoledì Epifani – una trattativa in cui c'è stato un ultimatum al giorno, e tra un ultimatum e l'altro non si è mai lavorato sui punti importanti che andavano affrontati». Insomma, dicono anche i piloti e gli assistenti di volo: la Cai voleva fare l’affare del secolo, fare cassa sulle spalle dei lavoratori e su quelle dei contribuenti italiani, che si sarebbero accollati tutti debiti dell’azienda.
CHI FORMA LA CAI?
Attualmente è composta da 18 azionisti, tra cui:
Roberto Colaninno
il gruppo Benetton
il gruppo Riva
il gruppo Fratini
il gruppo Ligresti
il fondo Equinox di Salvatore Mancuso
il fondo Clessidra di Claudio Sposito
Carlo Toto (Toto Costruzioni Generali S.p.A.)
il gruppo Fossati
Il gruppo Marcegaglia
Bellavista Caltagirone
il gruppo Gavio
Davide Maccagnani
Marco Tronchetti Provera
Intesa San Paolo
Il vincolo per i soci a restare nel capitale della nuova compagnia durerà almeno fino al 2013 e, nell'arco di tre anni, ci sarà anche la possibilità di un eventuale ritorno in Borsa. In data 18 settembre, l'Assemblea CAI ha ritirato l'offerta su Alitalia.
Alcuni dei questi bravi ragazzi:
Roberto Colaninno (Mantova, agosto 1943) è un imprenditore italiano.
Origini pugliesi, di Acquaviva delle fonti (BA). Sposato, con due figli, di cui uno, il primogenito Matteo, è anch'esso imprenditore e deputato dal 2008 nelle file del Partito Democratico.
La sua carriera di manager inizia in FIAAM azienda italiana di componenti per auto con sede a Mantova, di cui diviene amministratore delegato. Nel 1981 fonda la Sogefi, società di componentistica meccanica, con sede a Mantova, entrata nell'orbita della CIR dell'ingegner De Benedetti. Nel 1996 viene nominato amministratore delegato di Olivetti. In quegli anni trasforma l'azienda da una società leader di computer in una holding di telecomunicazioni creando Infostrada e Omnitel.
Nel 1999 lancia una offerta pubblica di acquisto (opa) totalitaria su Telecom Italia, con l'appoggio di Massimo D'Alema, fino ad oggi la più grande operazione di acquisizione a leva finanziaria (v. Leverage BuyOut, una tecnica finanziaria che consiste nell'utilizzare i flussi di cassa della società acquisita per pagare i debiti contratti nella fase di acquisizione), mai operata in Italia. Come soci dell'operazione ha un gruppo di imprenditori bresciani, soprannominato "la razza padana dell'imprenditoria", guidati da Emilio Gnutti e riuniti nella società Hopa Spa.
L'operazione riesce, creando tuttavia un grosso debito in Telecom stessa, che la renderà vulnerabile ad una scalata successiva. In conseguenza di ciò, nel 2001 vende la Telecom a Pirelli e Benetton, creando una notevole plusvalenza (1,5 miliardi di euro) nelle casse di Bell, la società veicolo lussemburghese con la quale Colaninno e Gnutti ottennero il controllo di Telecom. Per questa plusvalenza la società è stata indagata per evasione fiscale e multata dall'Agenzia delle entrate per 1,937 miliardi di euro. L'accertamento con adesione a cui hanno aderito i soci di Bell ha permesso la riduzione delle sanzioni ad un quarto del minimo, così la società ha dovuto versare al Fisco solamente 156 milioni.
Nel 2002 acquista IMMSI società operante nel settore immobiliare, l'anno dopo attraverso questa società acquista Piaggio. Attualmente è presidente di IMMSI e di Piaggio, che oggi è il più grande produttore europeo e il quarto mondiale di veicoli a 2 e a 3 ruote.
Condannato a quattro anni e un mese per il crac Italcase-Bagaglino nel dicembre 2006, interdetto dai pubblici uffici per 5 anni, pene condonate grazie alla legge sull'indulto.
Nel 2008 viene costituita una "newco", una società che ha tentato di acquisire Alitalia. La società, denominata Compagnia aerea italiana, CAI, dovrebbe essere presto trasformata in S.p.A. e dotata di un consiglio di amministrazione presieduto da Roberto Colaninno
Il gruppo Benetton
Critiche
Secondo la "Guida al vestire critico", Centro nuovo modello di sviluppo, 2006, Edizione missionaria italiana "Benetton ottiene parte dei suoi prodotti da terzisti localizzati in Cina, paese che vieta ogni libertà sindacale".
Secondo la "Guida al vestire critico", Centro nuovo modello di sviluppo, 2006, Edizione missionaria italiana "Benetton Group Spa [è] posseduta per il 67% dalla famiglia Benetton attraverso la società Edizione Holding". Inoltre, la stessa fonte riporta che "Il 16 aprile 2003 si è concluso il processo promosso da Benetton contro Riccardo Orizio, giornalista del Corriere della Sera che [...] aveva pubblicato un servizio sulla presenza di lavoro minorile alla Bermuda e alla Gorkem Spor Giyim, due fabbriche turche che producevano abbigliamento a marchi Benetton". Il tribunale "ha condannato Orizio a 800 euro di multa". A tal proposito si consulti anche il Corriere della Sera in data 12 ottobre 1998 e 21 maggio 2003.
La Benetton è stata inoltre accusata, nel 2003, di avere acquistato in Argentina 900.000 ettari di terra dal popolo Mapuche costringendolo a vivere in una striscia di territorio sovraffollato e a diventare spesso manodopera a basso costo. Su questo tema si è aperto un ampio dibattito con posizioni molto differenziate.
Il gruppo Riva
Critiche
Nel 2001 il Tribunale di Taranto ha dichiarato Emilio Riva, il figlio Claudio ed altri dirigenti Ilva colpevoli di tentata violenza privata, per avere demansionato un gruppo di impiegati dell'Ilva nel 1998. La sentenza è stata confermata nel 2006 dalla corte di Cassazione, citato anche da Il Manifesto, 8 dicembre 2001 e La Gazzetta del Mezzogiorno, 8 marzo 2006 ).
Nel febbraio del 2007 Emilio Riva è stato condannato a tre anni di reclusione e Claudio Riva a 18 mesi per omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro e violazione di norme antinquinamento, con riferimento alla gestione della cokeria dell'impianto di Taranto. citato anche da La Gazzetta del Mezzogiorno, 12 febbraio 2007).
Il gruppo Marcegaglia
Vicende giudiziarie
Nel 2006 Steno Marcegaglia, imputato nel processo 'Italicase-Bagaglino', viene condannato a 4 anni e un mese per il reato di bancarotta preferenziale, in parte condonato.
Nel 2008 la Marcegaglia Spa ha patteggiato una sanzione di 500 mila euro più 250 mila euro di confisca per una tangente di 1 milione 158 mila euro pagata nel 2003 a Lorenzo Marzocchi di EniPower. La sua SpA controllata N.e./C.c.t. spa ha invece patteggiato 500 mila euro di pena, e ben 5 milioni 250 mila euro di confisca.
Oltre al patteggiamento dell'azienda, Antonio Marcegaglia ha patteggiato 11 mesi di reclusione con sospensione della pena per il reato di corruzione.
Inoltre, chi afferma che Alitalia sia la "linea di bandiera" non tiene in conto che per esserlo, l'Alitalia dovrebbe essere statale. Altrimenti, chi può vietare ad un Benetton di vendere le sue azioni ad Air France quando gli pare e piace? Poi, chiamare all'"italianità" per muovere qualche nascosto senso di patriotismo nella società e giustificare l'affare con gli amici, è una mossa per dir poco sbagliata. Tutti i soci, l'unico che hanno d'italiano è il cognome. Gli interessi di questa gente girano per tutto il mondo. Non importa niente a loro la sorte dell'Italia. La cosa più probabile (Aerolineas Argentinas insegna) è che dopo qualche anno, quando la mucca non produca più latte ed si trovi in fin di vita, tenteranno che lo Stato la compri di nuovo. Logicamente assorbendo i nuovi debiti e pagando profumatamente i rotami che lasceranno.
(dati presi da Wikipedia)
Come turchi nella nebbia
BUSH: L'ORA DI INTERVENIRE - Come un vero comunista, ha spiegato le ragioni dell'intervento. Il presidente americano George W. Bush ha detto che «è giunto il momento» di risolvere la crisi dei mutui e che l'intervento del governo federale «è essenziale» per evitare ulteriori danni all'economia.
«PIANO DA MILLE MILIARDI DI DOLLARI » - Il senatore repubblicano Richard Shelby ha calcolato in «almeno mille miliardi di dollarì il piano dell'amministrazione Bush per salvare dal collasso il sistema finanziario americano". Parlando alla Abc, Shelby, il più influente repubblicano della Commissione Finanze del Senato, ha detto che il piano «potrebbe costare almeno 500 miliardi di dollari, ma se si calcola quanto già ha fatto la Fed per Aig e il Tesoro per Freddie Mac e Fannie Mae, penso che parliamo di almeno mille miliardi di dollarì". Ma chi pagherà alla fine? Perché questi se ne vanno a Gennaio e sappiamo bene come gli USA sanno esportare i propri debiti.
CINQUE MILIONI DI PROPRIETARI DI CASE IN DIFFICOLTA' - Sono 5 milioni circa i proprietari di case americani in difficoltà a causa della crisi dei mutui. La cifra è stata fatta sempre da Paulson, parlando sia delle case pignorate sia dei mutui che i proprietari non sono più in grado di pagare.
Ma come? Non era che lo Stato non doveva intervenire per niente nel gioco libero del mercado? Non ci avevano detto che con il neoliberismo il benessere sarebbe arrivato a tutti? Oggi, i gurù dell'economia mondiale non sanno più che dire. Tutti i precedenti discorsi sulla libertà del mercato si sono sfumate, e si trovano come turchi nella nebbia tentando di dar un nuovo senso alla loro vita.
18 settembre 2008
Papelitos pintados
SE CAYO WASHINGTON MUTUAL, LA MAYOR CAJA DE AHORRO Y PRESTAMOS PARA LA VIVIENDA DE EE.UU. BUSCAN SOCIO A MORGAN STANLEY PARA EVITAR SU QUIEBRA
En Gran Bretaña también intentan frenar el derrumbe de su principal entidad hipotecaria. Las bolsas mundiales se desplomaron y los quebrantos son billonarios. Más intervención estatal en el mercado.
La caída no se detuvo: ayer fue una nueva jornada de derrumbes generalizados de las bolsas en el mundo. Desde la apertura, todas las plazas bursátiles operaron con pérdidas y algunas debieron suspender la rueda para evitar seguir hundiéndose. El gobierno más fanático del libre mercado continuó lanzando una batería de medidas para tratar de frenar la multimillonaria sangría. Por caso, la autoridad que supervisa las actividades bursátiles en Estados Unidos, la SEC, endureció la regulación sobre la operatoria de acciones. Mientras, el Departamento del Tesoro emitió 40 mil millones de dólares en títulos públicos para proveer de liquidez a la Reserva Federal, que a su vez los destinará a entidades en problemas. A la estatización de AIG por 85.000 millones de dólares, le sucedieron anuncios de nuevas medidas del gobierno de Bush para reducir la volatilidad del sistema financiero. Pero el mercado ya parece no dejarse seducir por rescates sobre la hora.
- El Banco alemán de Crédito para la Reconstrucción y el Desarrollo será investigado por transferir 426,5 millones de dólares al Lehman horas antes del anuncio de quiebra.
- El tercer banco británico Barclays llegó a un acuerdo para adquirir el conjunto de las actividades de Lehman Brothers por 1750 millones de dólares.
- La Security and Exchange Commission (SEC) endureció la supervisación de las operaciones en acciones que apuestan por la caída de la cotización de acciones.
- Morgan Stanley podría fusionarse con Wachovia, luego de que junto a Goldman Sachs sufrieran una caída a un cuarto de valor.
- El Washington Mutual, la mayor caja de ahorro y préstamos para la vivienda de Estados Unidos, se ofreció a la venta. Entre los interesados se cuenta el HSBC, JP Morgan, Wells Fargo y el Citigroup.
- Las bolsas europeas cerraron en baja: Londres perdió 2,3 por ciento; París, 2,14; y Francfort, 1,8.
- El Ministerio de Finanzas ruso anunció que inyectará 350.000 millones de rublos, unos 10.000 millones de euros, en el sector bancario.
- La bolsa rusa se vio obligada a suspender su actividad luego del desplome de sus acciones.
- El Tesoro de Estados Unidos adjudicó de 40.000 millones de dólares en bonos a 35 días, para proveer de liquidez a la Fed.
- Wall Street volvió a operar en baja en sus principales indicadores: el Dow Jones Industriales cayó 4,1 por ciento y el Nasdaq Composite 4,9.
- La Bolsa de San Pablo cerró con un retroceso en el índice Bovespa de 6,7 por ciento, mientras que el real tuvo una depreciación de 2,6 por ciento frente a dólar.
- En la Argentina, las acciones perdieron 5 por ciento, los bonos, sobre todo los nominados en dólares más de 10 por ciento, y el dólar sumó un nuevo centavo a 3,12 pesos.
Orígenes:
17 settembre 2008
I mostri di "Pro Vida"
Se c’è una cosa che mi fa imbestialire è l’arroganza di persone o gruppi di persone che con tutti i mezzi tentano di togliere diritti ad altre persone, o vogliono obbligarle a pensare od a credere nelle stesse cose in cui credono o pensano loro. Le campagne che quotidianamente fa la corporazione nominata Chiesa Cattolica Apostolica Romana contro il diritto delle donne all'aborto, contro il diritto ad una morte degna ponendo fine a sofferenze inaudite, contro l’uso di anticoncezionali, a favore di una morale di facciata, bigotta ed ipocrita sta rompendo le scatole a gran parte della società mondiale. Interferisce con la Giustizia ovunque, fa lobby contro governi democratici se questi non la considerano un “interlocutore privilegiato” e difende a spada tratta i propri preti pedofili sottraendoli alla Giustizia. Inoltre non perde mai l’occasione di chiedere soldi. Chiede soldi ai fedeli e chiede soldi ai governi. In questo è insaziabile. Costruisce il proprio potere corporativo basandosi in alleanze con magistrati, militari, poliziotti, medici, imprenditori e funzionari corrotti, con patti di mutua protezione e interscambio di favori. Una mafia perfetta.
Ora, nella provincia di Mendoza, Argentina, una bambina di 12 anni vede violato il proprio diritto all’aborto terapeutico perché quest’istituzione, che dovrebbe occuparsi solo della sua religione, ha fatto pressione sul Tribunale dei Minori, specificamente sul giudice Germàn Ferrer. La bambina è stata violentata nel seno della propria famiglia. Il suo patrigno reiteratamente ha abusato di lei e, come conseguenza, è rimasta incinta. La madre, dopo aver denunciato il marito, ha chiesto che le fosse praticato l’aborto terapeutico.
Argentina ha una legge, la n° 86 incorporata al Codice Penale, che permette l’aborto solo nei casi “1° - di grave pericolo per la salute o la vita della madre; 2° - nel caso che la gestazione sia prodotto di una violazione o dell’attentato al pudore su una donna idiota o demente”. I preti interpretano il testo basandosi fondamentalmente nel fatto che la bambina in questione ”non è né idiota né demente” sorvolando sulla violazione. “L’importante, --dicono--, è difendere la vita del feto per nascere, perché è una persona umana”.
La situazione dolorosamente grottesca è che questo tipo di aborto, non essendo punibile non ha nessuna necessità di alcun permesso o dell’intervento della Giustizia. La madre ha portato la bimba in ospedale ed ha fatto la richiesta ai medici, che subito hanno chiamato la polizia, che immediatamente hanno informato il giudice, che in pochi minuti ha convocato un Comitato di Bioetica composto da due preti, un avvocato della curia locale ed un pubblico ministero, putacaso, membro di un’organizzazione religiosa chiamata “Pro Vida”. In meno di una giornata la madre si è vista togliere la patria potestà e decretare l’allontanamento. La bimba è rimasta a carico della nonna (anche lei membro attivo di un gruppo cattolico) e ricoverata in ospedale “perché la gravidanza è a rischio”.
La domanda che mi faccio allora è: Chi sono questi personaggi nefasti? Perché tanta crudeltà? A chi giova tutto questo indaffararsi per imporre un criterio che dovrebbe essere molto personale e privato, tutelato di qualsiasi intromissione estranea? Il peggio è che questo giudice, questi preti, il pubblico ministero e l’avvocato parlano alla tv dettando cattedra di vita e di morale a tutta la società. Il corpo torturato della bambina viene torturato un’altra volta. Usato per fini subdoli, meschini, viziati di corruzione morale e di depravazione. Tutti, ci mancherebbe, appaiono ben vestiti, col naso all’insù e con sorrisi sornioni quando le domande li incalzano e non vogliono rispondere platealmente. Si sentono al di sopra della plebe che di queste cose non se ne intende. Logicamente, parlano sempre del diritto del feto; mai dei diritti della bambina o dei diritti umani.
Sono mostri. Ed oltre ad odiarli visceralmente, io credo sinceramente che siano loro un vero aborto della natura.
16 settembre 2008
Quando il GPS non serve
Dal pulpito
Prostituzione: ok al ddl Carfagna
Via le lucciole dalla strada
Stessa pena per clienti e per chi si vende, stretta anche sulle minorenni
ROMA - Sì del consiglio dei Ministri al disegno di legge su "misure contro la prostituzione" messo a punto dal ministro Mara Carfagna. L'esecutivo ha dato il via libera nella riunione di questa mattina a palazzo Chigi. Per il ministro la prostituzione è "un fenomeno vergognoso che spesso è connesso alla riduzione in schiavitù, all'uso e all'abuso dei minori, che a volte sfocia anche in fenomeni di violenza come lo stupro, tutti fenomeni che sono strettamente collegati alla prostituzione in strada". Carfagna ha definito il disegno di legge "uno schiaffo durissimo per togliere linfa al mercato della prostituzione".
Puniti sia i clienti che le lucciole. Così dopo 50 anni cambia la legge Merlin, la norma che abolì la regolamentazione della prostituzione in Italia e rese illegali i bordelli. Il disegno di legge del ministro per le Pari Opportunità introduce il reato di esercizio della prostituzione in strada e in generale in "luogo pubblico".
Ad essere colpiti, con identiche sanzioni, saranno sia le lucciole che i clienti. Previsto l'arresto da 5 a 15 giorni e l'ammenda da 200 fino a 3000 euro. Con l'attuale normativa, infatti, è punibile solo il reato di adescamento che, però, "risulta di difficile definizione". Di fatto, il vendersi per le strade delle città, è un comportamento del tutto libero e sostanzialmente lecito.
ENTRE EL CIELO Y LA LUNA
El tecladista de Pink Floyd murió ayer a los 65 años, víctima de un cáncer. De bajo perfil y ajeno a las luchas de egos que mantuvieron sus compañeros Roger Waters y David Gilmour, el músico contribuyó a definir el sonido de la banda y participó decisivamente en la composición de clásicos como “The Great Gig in the Sky” y “Echoes”.
La noticia del fallecimiento de Richard Wright, ayer, a los 65 años, víctima de un cáncer fulminante, apenas mereció la atención de las agencias periodísticas y fue considerada prescindente por los noticieros televisivos. El criterio de jerarquización de la vida y la muerte operó en su caso con cierta lógica pragmática. Wright nunca fue noticia. Su nombre quedó inscripto en la historia sólo como partícipe necesario del monstruo que lo superó y lo sobrevivirá: Pink Floyd.
No hubo tampoco mayores repercusiones, ni reivindicaciones de colegas ni palabras de protocolo de algún funcionario europeo con pasado hippie. Acaso él lo hubiese preferido así.
15 settembre 2008
Ama Sua - Ama Lulla - Ama Killa
Dio pena ver por televisión esta semana a jóvenes clasemedieros bolivianos armados con palos, piedras, pistolas y escopetas tomando aeropuertos, canales de televisión y todo tipo de instituciones públicas, destruyendo mercados populares y apaleando a campesinos, en decenas de acciones de choque repartidas entre Santa Cruz, Beni, Pando y Chuquisaca, coordinadas y previamente concertadas por los gobernadores, con un diplomático estadounidense actuando como facilitador, acciones que culminaron con la masacre de quince líderes indígenas ametrallados a la vera de un camino en Pando, asesinados por un escuadrón de la muerte que respondería al gobernador, Leonel Fernández, hoy buscado por genocidio.
Bolivia te rompe el corazón. Tanto odio, tanta destrucción, tanta impotencia escenificada en una especie de pueblada burguesa en contra de los indígenas y los campesinos para mantener viejos privilegios, ante la pasividad del gobierno, de su policía y de las fuerzas armadas. El presidente Evo Morales, recientemente ratificado por dos tercios del voto, debe tragar saliva ante cada nueva embestida para evitar dar la orden que lleve al baño de sangre....
El problema principal que tienen los autonomistas es la creciente popularidad de Evo Morales. El presidente que llegó al gobierno con poco más de la mitad de los votos había prometido una reforma redistributiva pero necesitaba algún tipo de acuerdo con la oposición para sumar los dos tercios en la Asamblea Legislativa que iba a modificar la Constitución. Pero en el referéndum revocatorio del mes pasado Morales sumó más del 67 por ciento de los votos. Si repite la performance en el referéndum constitucional de principios del año que viene, entonces su Constitución habrá sido refrendada por mayoría absoluta, reelección incluida, sin necesidad de hacer concesiones.
La prudencia y mesura con que el presidente Evo Morales ha conducido hasta el momento la crítica situación debe contar con el respaldo contundente de todos los que entendemos a la democracia como un proceso que no se agota en los actos electorales, sino que apunta a establecer la plena igualdad entre todas las personas.
Los ecos que llegan desde Bolivia: de un racismo inadmisible e implacable.
La cocina ideológica y emocional de la reacción contra Evo Morales hace pensar en que cada crimen que tuvo o tenga lugar en Bolivia es de lesa humanidad.
Los actos violentos que la derecha boliviana están portando a término en la zona de la Media Luna, llamando a una autonomía claramente anticonstitucional, no es otra cosa que los manotazos de uno que se ahoga. El sistema feudal que ha regido casi toda Latinoamérica hasta estos días, especialmente en Bolivia, se está acabando. Los patrones de estancias que ven a su propio país como una vaca para ordeñar, y que ahora se inventan un patriotismo de bolsillo, tratan por todos los medios de mantener sus privilegios coloniales, de continuar saqueando impunemente los recursos naturales y retrotraer la democracia a los viejos tiempos de los caudillos esclavizadores.
Si bien en Bolivia estos actos son más manifiestos, se conectan globalmente a movimientos pseudo-tradicionalistas tanto en el resto de Latinoamérica como de Europa. Vemos cotidianamente los mismos tics, las mismas modalidades, las mismas tácticas en Argentina, en Ecuador, en Venezuela, en México, pero también encontramos, --hasta los mismos colores--, en la Lega Nord de Italia.
Es una derecha que usa muy bien los medios de comunicación de masas, que se apropia de los discursos y de las palabras del pueblo, que carga emotivamente su accionar con sentimientos válidos sólo para el pueblo. Cree esconder así su verdadero interés: seguir saqueando nuestros martirizados países para mantener sus privilegios de casta. Son personajes que se miran culturalmente en el espejo de los EEUU y que trasudan racismo por todos los poros contra sus propios compatriotas. Quizás ni se den cuenta de lo pequeñitos que son. Ignorantes completos, sonríen como idiotas ante los yanquis, que ellos creen que son sus socios paritarios, como si el hecho de haber compartido una mesa con algún gringo los hiciera también a ellos un poquitín más rubios. Es una derecha berreta, patética, que recurre al asesinato y a la masacre para imponer su sinrazón. Pensar, no piensa. No le dá. Sentir, no siente. Tampoco le dá. A pesar del discurso que quieren vender, donde tratan de mostrarse como los “pilares del país”, tienen los piés de barro y se caen solos. La historia siempre los ha catalogado como parásitos...y siguen siendo eso: cucarachas que viven de la mierda ajena. Pierden, esta vez pierden. Esta vez, la historia no vuelve atrás.
14 settembre 2008
Bombita Rodrigez - el Palito Ortega montonero
La pantera
La presencia fatìdica se hizo màs fuerte cuando solplò su aliento en mi cara. Un salto y abro los ojos espantados. Apenas puedo ver una masa negra y felina que escapa corriendo desenfrenada por el corredor hacia el sòtano. En un duermevela que no basta para impedir que corra y tome el cuchillo màs grande de la cocina, persigo la pantera, pero en el sòtano no hay nada que indique su presencia y me despierto del todo. Pienso que fue un mal sueño y vuelvo a la cama.
A la noche siguiente, siento otra vez su entrada furtiva en la pieza. Salta sobre la cama sin un ruido y con un gesto casi tierno me apoya una garra sobre la mano. Siento, con el corazòn batiendo a lo loco, la pelusa suave y se me escapa una caricia. Pero tambièn, con un salto, trato de atrapar ese cuerpo bello y lustroso echàndole las cobijas encima y apretando el todo con el cuerpo. Otra vez escapa dejando sus huellas en el corredor. Y otra vez la luz y el frio me despiertan en un sòtano vacìo, ridìculo, en calzoncillos, con un cuchillo grandote en la mano.
Me pregunto por què la pantera huye si me tiene a su merced. No duermo y trato de encontrar algo que me lleve a alguna conclusiòn. Sus ojos se ven tristes y no feroces. Cuando subiò a mi cama, se acostò a mi lado. Creo descubrir asì que la pantera està sufriendo de soledad crònica. No busca la agresiòn sino un poco de ternura. Sabe que produce miedo y posiblemente escapa de la imagen terrorìfica que genera en los hombres. Quizàs quiera provocar un sentimiento de comprensiòn de su soledad y teme no lograrlo. Son suposiciones, por supuesto, pero en mi cama vacìa, con las paredes de la casa donde resuenan todavìa los ecos de mis hijos que partieron lejos, puedo sentir que no estoy muy alejado de la realidad. Algo me induce a pensar que es sòlo un sueño, pero la presencia persiste incluso durante el dìa. Y llego a la conclusiòn de que la pantera tambièn me sueña a mì. Animal nocturno, siente mi presencia en su sueño diurno. Tiene miedo a los hombres porque la han querido mal, pero percibe que estamos hermanados en un sentimiento comùn. Y yo por las noches, y ella por los dìas, no nos atrevemos a tender un puente.
Despuès de una semana de sobresaltos que fueron disminuyendo paulatinamente, llegamos a aceptarnos mutuamente. Ya no me despierto asustado y ella trata de no ser tan intrusa. En mis sueños aparece caminando apaciblemente, como en un segundo plano, y desaparece cuando sueño algo lindo, como no queriendo molestar. Durante el dìa trato de no hacer mucho ruido en la cocina y pongo mùsica de Vivaldi porque sè que la emocionan los violines. No abro las ventanas para que se mantenga calentita y trato de fumar poco para no intoxicarla.
Ahora se acuesta vigilante a mi lado y me calienta los pies. Cuando suena el despertador me lame la cara y se va trotando lentamente. Apenas cae la noche, no sè de donde, nuevamente viene hasta donde estoy trabajando y se recuesta ronroneando. Algunas veces nos miramos profundamente en los ojos y noto una incomprensiòn milenaria. Hasta creo que me sonrìe lànguidamente. Miramos televisiòn juntos como una pareja de viejos amantes hasta que, con el alma cansada, me voy a acostar.