Con le Nonne, sebbene limitatamente, abbiamo discusso questi giorni su “Quale futuro?”. Qui, in Argentina, si stanno facendo molti processi contro i repressori degli anni della dittatura. Ora che si sono dichiarate incostituzionali le leggi dell'impunità si sono riaperti tutti i casi ed i tribunali sono pieni zeppi di cause. Di un qualche modo, oltre a far giustizia, si tenta di rifondare il Paese su una base di diritto e legalità. L'obbiettivo primario che avevamo quando abbiamo preso le armi in pugno quasi 40 anni fa contro l’ennessima dittatura militare era giusto questo. Ma ancora manca moltissimo da fare e non è compito di un solo governo. È la società che deve muoversi e prendere coscienza. Credo che di un modo o di un altro abbiamo mostrato alle generazioni future una certa etica e certi valori fondazionali. Questo mese le Nonne fanno 31 anni. 31 anni non solo di ricerca e lotta, ma di crescita e di lasciare impronte indelebili nella creazione di una società più giusta, più equa, dove le leggi risultino un riconoscimento dei diritti e non soltanto un mezzo di punizione, che la legalità emergente sia prodotto della giustizia e della convivenza tra persone che accettano questo come un patto indissolubile che garantisce la supervivenza di tutti in uno stato di uguaglianza.
In questo contesto abbiamo parlato di Quale futuro? A dir il vero non sono molto fiducioso della condizione umana. Forse perché ho sempre lottato contro "loro". E mentre ci siano "noi" e "loro", ci sarà sempre un conflitto latente. Credo che la risposta deva cercarsi in come si risolveranno questi conflitti. Se pensiamo alla convivenza tra i nostri prossimi vicini forse qualche cosa si possa raggiungere, ma quando andiamo verso i grandi interessi la situazione la vedo complicata. Come risolvere in pace la questione dell'avidità che ha Occidente sulle risorse energetiche mondiali? Come facciamo a convincere i Bush di turno a non usare le armi ed a non invadere e massacrare Paesi interi solo per far guadagnare soldi alle imprese che lo sostengono e lo spingono? Ma c'è dell'altro, come facciamo a convincere alle popolazioni dei Paesi ricchi che dovranno consumare molto di meno per permettere uno sviluppo degno ai Paesi cosiddetti poveri? Come fermiamo il saccheggio? Con quale diritto diremo alle persone che non devono prendere le armi per difendersi quando le stanno massacrando nel loro proprio Paese? Quello che promulgano i Vangeli lo condivido ma solo in parte. Come posso chiedere ad una persona che porga l'altra guancia quando non avrà neanche un viso da mostrare?
Io vedo che le strade della resistenza sono molti, molti sono anche gli errori e gli sbagli. Ma vedo anche che siamo arrivati ad un punto nel quale le persone preferiscono una vita di sottomissione a dar la vita per una causa, che preferiscono essere sfruttate a non avere un lavoro, che se ne infischiano dell'ambiente se da ciò possono portare un piatto di minestra a tavola. Possibilmente ci siamo trasformati in parassita del Pianeta, in un cancro inoperabile che ci porta inesorabilmente verso la nostra propria distruzione. Parlando con Estela Carlotto ci veniva una domanda: cosa accadrà con l'umanità il giorno che i ghiacciai si saranno sciolti? Cosa succederà quando non ci sarà più acqua disponibile? Forse sia questo il vero senso della parola "futuro", e questo sia lo scenario da prospettarsi tra poco tempo. E penso su questo che ci saranno come sempre persone degne che daranno tutto per il prossimo, che si faranno in quattro per organizzarsi e portare un po' di sollievo a tutto il gruppo. Ma ci saranno altri che funzioneranno come iene, tirando fuori gli artigli cercando di mangiarci. La violenza sarà sempre presente, "buona" o "cattiva" che sia.
Credo che il problema resta sempre posto di questo modo: "noi" sempre vogliamo la pace, ma "loro" non ci lasciano in pace. "Noi" sappiamo come vivere in pace, "loro" hanno bisogno di farci la guerra per vivere. Allora, è una questione di evoluzione? Io sono convinto che in 50.000 anni di presenza in questo pianeta l'umanità non abbia imparato un granché. Abbiamo solo creato tecnologia ma non abbiamo imparato a vivere. Mio fratello Candelario mi diceva una volta che il conflitto era tra la concezione sul "stare" e sull'"essere". Lui diceva che l'uomo bianco, per qualche motivo misterioso, aveva basato tutta la sua esistenza sull'"essere", dimenticandosi che era parte della natura, di "stare" dentro la natura. E così l'uomo bianco si era trasformato in un nemico della natura. Ma non solo, si era trasformato in nemico anche degli altri esseri umani che formano parte della natura.
Sono convinto anche che la strada sia quella dei movimenti, senza politici professionisti. Dovremo imparare la pazienza, la tenerezza, la gioia dei popoli originari (come gli chiamano oggi); dovremo imparare che i tempi della storia saranno lunghi, ma senza pausa e senza riposo continuare a crescere ballando: due passo avanti ed uno dietro arriveremo. Sicuro.
3 settembre 2008
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